Molto, almeno sul fronte politico, si giocherà in queste ore, quando la commissione Ambiente dell'Europarlamento voterà sulla proposta di regolamento su natura e biodiversità. Una bocciatura potrebbe portare a un effetto domino sugli altri dossier della transizione verde, dalla riduzione dei pesticidi ai rifiuti da imballaggio.
L'allarme sui disastri naturali arriva invece dall'Agenzia europea dell'ambiente (Aea). I cambiamenti climatici aumentano già dalla prossima estate il rischio di ondate di caldo più forti e più lunghe nel Sud Europa e di inondazioni più frequenti nel Nord. Nell'Europa meridionale - si legge nel documento Aea - potrebbero esserci più di 60 giorni con condizioni meteo "pericolose per la salute", la Penisola Iberica sarà minacciata dagli incendi, la siccità è già realtà in tutta l'Europa occidentale. E la proliferazione di insetti che veicolano malattie, dalla dengue alla malaria, una prospettiva concreta nel lungo periodo.
Previsioni "pessimistiche", concede l'Agenzia. Che tuttavia avverte come sull'adattamento ai cambiamenti climatici molto si debba ancora fare a livello locale, nonostante la consapevolezza che l'attenzione di cittadini e istituzioni sul problema, dopo anni in cui l'argomento è in cima all'agenda politica, dovrebbe essere ai massimi. Così invece non è, stando ai dati dell'Osservatorio internazionale sul clima e le opinioni pubbliche, promosso da Edf e Science Po di Parigi. Secondo l'ultimo rilevamento, nel 2022 altri problemi come l'inflazione si sono affermati sempre più come la principale preoccupazione tra i cittadini europei e non. E coloro che non credono alle cause antropiche del riscaldamento globale stanno aumentando. Il costo della vita è il primo argomento di preoccupazione a livello globale (62 %). Il balzo in avanti degli "scettici" sul clima è particolarmente forte in Belgio, dove sono aumentati dal 32 al 41%, in Francia, dal 29 al 37%, in Italia, dal 23 al 31%, in Spagna, dal 29 al 36%.
Segnali che nell'ultimo mese sono stati raccolti dai leader alla guida dei governi Ue e dagli eurodeputati, sempre più attenti agli umori dell'elettorato a un anno dal voto per il rinnovo dell'Europarlamento. Cogliendo tutti di sorpresa, il presidente francese Emmanuel Macron ha recentemente auspicato una "pausa di riflessione" nel varo dei regolamenti destinati a tradurre il Green Deal in azioni concrete. Il premier belga Alexander de Croo ed altri si sono accodati. E nell'Europarlamento il Partito popolare europeo, il gruppo con il maggior numero di rappresentanti, ha avviato una lotta senza quartiere contro la proposta di regolamento sul ripristino della natura, un pezzo importante del Green Deal per affrontare la crisi della biodiversità, l'altra faccia della crisi climatica.
Il Ppe sostiene di essere a favore dell'obiettivo, ma ritiene inaccettabile il testo legislativo sotto esame. Ne esige il ritiro. Minaccia sanzioni contro franchi tiratori e da due settimane ha abbandonato i negoziati con gli altri gruppi politici decidendo di presentare una mozione di rigetto.
Una vento di contestazione del Green Deal che soffia anche sul Consiglio Ue, dove la presidenza svedese guidata da un governo aderente alla famiglia del Ppe sta, in modo piuttosto irrituale secondo il protocollo Ue, apertamente frenando sull'adozione del provvedimento a pochi giorni dal voto dei ministri, atteso per il 20 giugno. Ora tutti i riflettori sono puntati sull'Eurocamera: se la norma che alcuni hanno ribattezzato pro-natura non passerà, molto probabilmente l'Ue non avrà una nuova legge sulla biodiversità prima della fine della legislatura. Ed anche molti altri provvedimenti del pacchetto Green ancora in ballo - dall'Euro 7 agli imballaggi, dalla riduzione dei pesticidi alla direttiva sulle emissioni industriali - potrebbero subire una battuta d'arresto.
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