BRUXELLES - I venti globali soffiano "forti e contrari", i dazi al 25% targati Donald Trump sono "ingiustificati", il mercato è distorto dai maxi-sussidi sleali cinesi: la siderurgia europea per stessa ammissione di Ursula von der Leyen è sempre più in crisi.
Con un primo scudo contro i colpi delle sovrattasse americane, Bruxelles tende una mano alle sue aziende varando una riforma delle misure di protezione dell'acciaio - in vigore dal primo aprile - accompagnata dalla promessa di nuove salvaguardie per arginare la sovraccapacità globale aggravata dai dazi e terreno fertile per il dumping dai Paesi terzi.
Il piano forgiato in appena due settimane lascia però scoperte le falle più profonde: nessuna risorsa fresca in arrivo e, nelle rivendicazioni dell'industria, nessuna strategia concreta per abbattere i costi dell'energia che pesano sui metalli europei più di qualsiasi altro settore. Nella sua comunicazione di 18 pagine frutto di un delicato dialogo con il comparto avviato a marzo sul modello di quello messo in campo per l'automotive, Bruxelles punta a blindare le sue acciaierie con strumenti di difesa commerciale, incentivi alla produzione sostenibile e un maggior controllo sulle importazioni. Oltre alle nuove salvaguardie immediate, entro il terzo trimestre del 2025 arriveranno per l'acciaio tariffe e quote sull'import destinate a rimpiazzare quelle attuali - in scadenza nel giugno 2026 - per garantire un livello appropriato di protezione alle frontiere da ondate di metalli stranieri a basso costo.
E sul fronte green, per scongiurare che le imprese fuggano verso Paesi con maglie più larghe, l'esecutivo comunitario proporrà già quest'anno un aggiornamento del Cbam (il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera) ampliandolo ad alcuni derivati da acciaio e alluminio e introducendo nuove misure anti-elusione per chi tenta di aggirare le regole. L'urgenza, nelle stesse parole di von der Leyen, tuttavia è chiara: "Aiutare i produttori" a partire dal taglio di quei costi energetici che oggi risultano fino a tre volte più alti rispetto agli Stati Uniti per l'elettricità e addirittura cinque volte per il gas. Un nodo che, secondo Eurofer, l'associazione che riunisce le aziende siderurgiche europee, resta "l'elefante nella stanza". Le uniche misure previste puntano sulla promozione dei contratti di acquisto di energia (Ppa) e sull'invito ai Ventisette a sfruttare la flessibilità fiscale per abbassare le bollette, oltre a tariffe di rete ridotte per mitigare la volatilità dei prezzi dell'elettricità. Il piano include un sostegno all'uso di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio nel settore. Nessun decoupling tra gas ed elettricità in vista, come invece richiesto dall'industria. Che, sprovvista anche di nuovi fondi, teme di rivivere lo spettro del 2018, quando i metalli europei finirono al centro della guerra dei dazi tra le due sponde dell'Atlantico.
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