Un anno sull'ottovolante per Conte, con l'ombra della crisi

Matteo Salvini e Luigi Di Maio sembrano separati in casa

di Michela Suglia

Un anno fa nasceva il governo di Giuseppe Conte. Un esecutivo che trovava la sua ragion d'essere in un inedito contratto a doppia firma Lega e Movimento 5 stelle. In tutto, una squadra di 5 donne e 13 uomini. Un anno dopo Matteo Salvini e Luigi Di Maio sembrano separati in casa. La sintonia è sparita, le tensioni quotidiane e le bordate esplicite, con un crescendo che trova il suo apice ora, complice anche l'esito delle elezioni Europee (un trionfo per il leghista, un flop per l'alleato). Con l'ombra di una crisi incombente. Con questo mood, dopo 365 giorni, premier e ministri (senza Paolo Savona che a marzo si è dimesso da ministro agli Affari europei, passando alla Consob) tornano al ricevimento dai Giardini del Quirinale per festeggiare la festa della Repubblica.

Un anno sull'ottovolante, denso di iniziative ma anche di molti contrasti. A fine settembre l'accordo nella maggioranza sullo sforamento del deficit al 2,4% e la "manovra del popolo" rivendicata da Luigi Di Maio, affacciato al balcone di Palazzo Chigi, al grido 'Abbiamo abolito la povertà". A dicembre la finanziaria che si vara al fotofinish e il 2019 accolto dalla promessa di Conte: "Sarà un anno bellissimo".

Ma le prime crepe cominciano ad aprirsi nel frattempo nella maggioranza. Dalla Tav, regina di divisioni tra il popolo del sì (Lega) e quello del no (M5s), all'immigrazione segnata dalle differenze sui porti chiusi (mantra del ministro dell'Interno) o aperti, passando per il gasdotto a cui Conte ha dato il via libera con la rivolta dei 5 stelle (impianto osteggiato dai no Tap, rimasti orfani del sostegno del Movimento). Ma anche su altri temi c'e' stata battaglia come la sicurezza, la lotta alle mafie e alla corruzione e perfino la famiglia tradizionale e non. Ai ferri corti si arriva con il caso Siri.

Sulle dimissioni del sottosegretario della Lega indagato per corruzione, Di Maio non transige e ne fa il tarlo della campagna delle europee.
Salvini non è d'accordo ma accetta il passo indietro dell'esponente leghista, mentre prende tutti in contropiede, proprio per evitare ulteriori polemiche, avallando l'addio del viceministro ai Trasporti, Rixi, condannato per le "spese pazze": viceministro che annuncia di rimette il mandato proprio al leader della Lega, poche ore dopo la sentenza. Un quadro caotico che plasticamente ha avuto il suo acme con lo scontro tra Lega e M5s sul contenuto della lettera di risposta da inviare all'Unione europea in merito ai rilievi sui conti pubblici italiani. Un momento altamente critico che ha coinvolto direttamente il presidente del Consiglio, pronto ora a dare il suo aut aut agli alleati di governo. 

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