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(di Michele Esposito)
La maggioranza Ursula è salva,
la vittoria dei Popolari è netta, Ursula von der Leyen è più
vicina al suo bis alla Commissione Ue. Le elezioni europee
registrano l'ondata sovranista ma non determinano il
sovvertimento degli equilibri nelle istituzioni comunitari.
L'estrema destra ha travolto Emmanuel Macron in Francia e in
Germania ha umiliato Olaf Scholz e il suo Spd. I risultati del
voto in Italia consolidano anche quelle destre considerata a
Bruxelles meno estremiste. Eppure il terremoto sovranista alla
fine a livello Ue non c'è stato. La maggioranza composta da Ppe,
Socialisti e Renew, stando alle proiezioni, si attesta attorno
ai 400 seggi, con un margine piuttosto netto rispetto alla
soglia minima di 360. Un margine che allontana l'ipotesi di un
dialogo con Giorgia Meloni.
"Invitiamo i Socialisti e Renew ad un'alleanza pro-europea",
è la mano tesa del leader del Ppe, Manfred Weber, e poi della
stessa von der Leyen, convinta che si debba continuare "con una
piattaforma pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto".
Teoricamente i tre partiti filo-Ue possono fare a meno di
qualsiasi supporto esterno. Il Ppe potrà contare su 189 seggi,
S&d su 135, i Liberali (che hanno perso ventidue eurodeputati)
su 80. Il gruppo dei Conservatori e Riformisti è avanzato di
poco (da 68 a 72) a causa delle cattive performance di Vox in
Spagna e del PiS in Polonia. Il gruppo Identità e Democrazia
(passato da 59 a 58 seggi, ma nel conteggio ora sono esclusi i
17 membri di Afd) ha risentito della caduta della Lega rispetto
al 2019. Dall'altra parte dell'emiciclo, la Sinistra ha retto il
colpo passando da 37 a 36 seggi. La vera novità è il grande
fronte dei non iscritti da 98 seggi, che dà vita ad un insieme
estremamente eterogeneo, che certamente non resterà nel limbo di
chi non appartiene a nessun gruppo. Tanto per fare alcuni
esempi, gli orbaniani di Fidesz bussano alla porta di Ecr, i
tedeschi di AfD potrebbe tornare in Id, l'opposizione ungherese
si avvia ad entrare nel Ppe assieme al partito degli agricoltori
olandesi.
In questo quadro il Ppe, pressato da Scholz e Macron, non può
più giustificare alcun dialogo con la destra, a cominciare da
quella guidata da Giorgia Meloni. Manfred Weber, in merito ad un
eventuale dialogo con Ecr, non si è sbilanciato ma ha chiarito
due punti: qualsiasi ipotesi di alleanza partirà da Ppe, S&D e
Renew. Allo stesso tempo, ha avvertito che "l'esito delle
elezioni dovrà essere rispettato" nella distribuzione dei top
jobs. In altre parole, i partiti filo-Ue dovranno concordare
sulla scelta di von der Leyen e Roberta Metsola per la guida
della Commissione e per quella (almeno per la prima metà della
legislatura) dell'Eurocamera. I Socialisti, con il vice
presidente Pedro Marques, hanno ammesso la sconfitta e hanno
fatto una netta apertura alla Spitzenkandidat precisando
tuttavia che "mai saranno in coalizione con l'ultradestra di Ecr
e Id". Da giorni, invece, il Ppe tornando sui suoi passi ha
riaperto un canale con i Verdi. Affidarsi solo ai tre partiti
dell'asse europeista, per von der Leyen, resta rischioso a causa
dei franchi tiratori, che il 18 luglio prossimo potrebbero
manifestarsi a Strasburgo in tutta la loro pericolosità: nel Ppe
calcolano una quota del 15% di voti in meno nel segreto
dell'urna. La sponda dei Verdi per blindarsi sarebbe decisiva ed
eliminerebbe qualsiasi torsione a destra della maggioranza,
consolidando al tempo stesso il sostegno all'Ucraina, pilastro
di tutti i partiti filo-Ue. "Chiediamo impegni sul Green Deal
per sostenere von der Leyen", è la prima condizione posta dai
Greens. Dall'altro un gruppo unico delle destre, nel segno di
Marine Le Pen e Giorgia Meloni, è tutt'altro che escluso
soprattutto se nessuna delle delegazioni di Ecr sosterrà l'ex
ministra della Difesa tedesca.
Anche guardando al dato dell'affluenza, al 51%, lo 0,3% in
più rispetto a quella record del 2019, all'Eurocamera hanno
potuto esultare. "L'Europa ha votato, la democrazia è viva", ha
sottolineato Metsola parlando dal palco dell'emiciclo allestito
a sala stampa per gli oltre mille giornalisti presenti. Dietro
di lei, le immagini del voto nei 27 Paesi Ue e della nuova torta
al Pe hanno certificato come l'Unione esca dalle Europee certo
ammaccata, ma comunque ben lontana dal capitolare come temevano
(o auspicavano) alcuni.
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