La Germania non è la Francia, e Olaf Scholz non ha alcuna intenzione di andare al voto anticipato dopo il disastro elettorale del 9 giugno.
"Non ci abbiamo pensato neppure per un secondo", ha risposto sul punto il suo portavoce. E diverse ore dopo ha preso la parola anche il Kanzler: "E' andata male", ma ora "si lavora per le prossime politiche" che saranno, come prefissato, nel 2025.
Il giorno dopo le elezioni europee, la Repubblica federale stenta però a riconoscersi: per la prima volta nella sua storia, un partito di destra apertamente estremista si è piazzato al secondo posto, con l'Afd che ha preso quasi il 16%. La Cdu di Friedrich Merz è di nuovo in sella con un 30%, conquistato assieme ai cristiano-sociali bavaresi. I partiti al governo sono miserevolmente franati (l'Spd al 13,9%, peggior risultato dal 1887, si sfogano alla Willy Brandt Haus; i verdi si sono dimezzati all'11,9 e i liberali galleggiano al 5,2).
Eppure continuano ad accapigliarsi sul bilancio, in approvazione (difficile) il 3 luglio. Tanti voti sono andati dispersi fra oltre una dozzina di partiti (erano 14), molti dei quali davvero piccoli. I giovanissimi hanno abbandonato i Verdi, e preferito i radicali di destra e sinistra. E Sara Wagenknecht, la moglie di Oskar Lafontaine, col suo movimento praticamente "in fasce", che ha preso il 6,2%, annuncia di poter cambiare la politica del Paese, a partire dai Laender dell'est. In questo scenario agitato, nella centrale dell'Spd di Scholz si dà la colpa a Vladimir Putin. E si mettono le mani avanti: il partito ha imparato a non scaricare precipitosamente chi perde: il presidente Lars Klingbeil spiega che "la sconfitta è di tutto il team" e non ci saranno capri espiatori. Il segretario generale Kevin Kuehnert si "sente" ancora "appoggiato dal partito". E se l'opposizione incalza, con Markus Soeder che chiede a chiare lettere di tornare al voto subito - "questo governo è fondamentalmente alla fine, serve un nuovo start al Paese" - ai giornalisti che impugnano l'esempio del passo indietro di Emmanuel Macron, Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere, ha replicato: "Francia e Germania hanno sistemi parlamentari e tradizioni politiche molto diverse". Le elezioni si terranno dunque regolarmente fra un anno. L'opposizione è euforica e incalza, ma nella Cdu si preme molto di più sulla questione dell'appoggio a Ursula von der Leyen, che i socialdemocratici vogliono negare se scenderà a patti con Giorgia Meloni. I toni sul voto anticipato sono tutt'altro che perentori: "Deve decidere il cancelliere", per il leader Friedrich Merz. Del resto, i problemi veri si nascondono proprio all'interno della coalizione di governo, logorata da un alto tasso di litigiosità, e sembra quasi che i conservatori vogliano godersi lo spettacolo. Sicuri di avere la strada ormai spianata verso la cancelleria. Che questo accada subito o fra un anno. Intanto i leader di Alternative fuer Deutschland si sono presentati in conferenza stampa affiancati dal numero tre della loro lista: Renè Aust, un ex Spd oggi fidatissimo e vice del famigerato Bjorn Hoecke, in Turingia. Maximilian Krah è stato fatto fuori dagli altri delegati, che adesso cercheranno a Bruxelles di riallacciare con Marine Le Pen e Matteo Salvini. Entro fine luglio devono trovare un gruppo (e Id è certamente il più affine) o fondarne uno proprio. Lui, che va forte su Tik Tok, non l'ha presa bene stavolta però, "è il segnale sbagliato".
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