(di Michele Esposito)
Piccoli passi, pochi punti
fermi, un solo obiettivo: riprendersi la presidenza della
Commissione entro l'estate. Ursula von der Leyen ha vinto e
convinto nel primo tempo della sua partita per il bis. Ma la
partita non è finita. Tutt'altro. A Bruxelles è arrivato il
tempo delle trattative, dei capannelli, degli sgambetti evocati,
minacciati, sognati. E' arrivato il tempo di formare quella
maggioranza che possa blindare non solo l'ex ministra tedesca ma
l'intero pacchetto dei top job. La valanga sovranista, nel
fronte europeista, ha innescato un riflesso incondizionato:
compattarsi per mantenere intatti gli equilibri. Von der Leyen e
Manfred Weber hanno scandito che nei negoziati partiranno da
Socialisti e Liberali, ricevendo un'immediata apertura. Ma ad
una condizione: Giorgia Meloni non deve far parte della
coalizione.
Nel bene e nel male tuttavia tutti dovranno tenere conto di
Meloni e Le Pen in Ue. Il dialogo tra il Ppe e la leader del
Rassemblement non è mai stato ipotizzabile. Quello con Meloni,
invece, è stato una possibilità concreta fino ad una manciata di
giorni fa. Ora von der Leyen deve muoversi con maggiore
prudenza. Aprire esplicitamente a Meloni significherebbe perdere
i voti di S&D e Renew, o almeno di una loro parte. "Se il Ppe
negozia con i Conservatori e Riformisti noi non ci saremo", ha
avvertito il Partito socialista europeo. "Nessun accordo con
Meloni, con il PiS, con Reconquete. E' l'estrema destra e noi
vogliamo preservare il cordone sanitario", ha rincarato la dose
la capogruppo di Renew Valerie Hayer. Entrambi i partner del Ppe
hanno il miglior jolly da giocarsi con i Popolari: sono
indispensabili per riformare la maggioranza Ursula.
Il Ppe, avvezzo da decenni a trattative complesse e
levantine, ne è perfettamente consapevole. Allo stesso tempo ha
tutta l'intenzione di mettere sul tavolo un punto: sono loro i
vincitori delle Europee di fronte ad un asse franco-tedesco
uscito quasi a pezzi dalla tornata elettorale. Il Ppe lo dirà
chiaramente nelle trattative tra i gruppi parlamentari e in
quelle tra i leader europei, chiedendo il rispetto dell'esito
del voto. Si comincerà il 17 giugno con la cena informale dei
27. I negoziatori saranno Donald Tusk e Kyriakos Mitsotakis per
il Ppe, Pedro Sanchez e Olaf Scholz per i Socialisti. In realtà
i colloqui sono già iniziati. A Bruxelles sono attese le prime
riunioni informali dei gruppi. A margine del G7 quasi certamente
i leader europei parleranno di top job.
Punti fermi, si diceva. Von der Leyen ha chiarito che nei
negoziati partirà dal Pse e "dalle grandi famiglie europee che
hanno ben collaborato" ma lascerà "le porte aperte" ad altri. A
chi? I leader del Ppe - inclusi i capi di Stato e di governo -
ne hanno parlato in una prima riunione in videocall. Il primo
indizio porta ai Verdi, anche se nessuno al momento può
escludere nulla. Una parte del Ppe ad esempio farebbe
comodamente a meno dell'apertura agli ambientalisti. Ma i Verdi
sono filo-Ucraina e sono una garanzia per la tutela di quel
Green Deal che le destre e i sovranisti hanno come primo
bersaglio. La maggioranza Ursula, senza i Greens, è di 400
seggi, 40 in più dei 360 richiesti. Con i 53 membri dei Verdi
anche il pericolo dei franchi tiratori sarebbe marginale.
Pericolo che, invece esiste. Basta guardare alle prudenza di
Antonio Tajani, secondo il quale "è ancora troppo presto" per
parlare del bis di Ursula.
Le destre non stanno certo a guardare. Mercoledì Le Pen e
Matteo Salvini, a Bruxelles, decideranno se riaprire la porta a
AfD e faranno il punto sulla prospettiva del gruppo Id, uscito
più forte, così come Ecr. L'ipotesi del gruppo unico non è
esclusa. Viktor Orban è tornato a caldeggiarla. Ma a quel punto
il posizionamento di Meloni sarebbe sul fronte opposto a quello
di von der Leyen, e difficilmente potrebbe trovare alchimie
politiche per avvicinarsi. A tutto ciò va aggiunto l'ultimo
rebus, quello dei quasi cento non iscritti. Spesso si tratta di
partiti ex novo, che potrebbero ulteriormente rafforzare i
sovranisti. Alcune delegazioni, però, andranno al Ppe, altre
ancora si distribuiranno tra i Liberali, S&D e The Left. Molto
dipenderà dai programmi, molto dall'offerta. Il quartiere
europeo potrebbe trasformarsi in un unico, grande suq.
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