"Ogni dieci minuti, giorno e notte
compresi, un giovane emigra dal Sud verso il Nord. Secondo una
stima di dati Istat e Svimez sono infatti 134 mila le persone
che ogni anno lasciano il Meridione, di questi la metà rientra
nella cosiddetta fascia 'giovani', cioè ha meno di 30 anni. Sono
risorse sottratte al Mezzogiorno, ma formate nel Mezzogiorno,
con un costo dunque. Dei giovani, un terzo è laureato. Vedremo
se lo smart working cambierà questa dinamica". E' il commento
dell'ex direttore de Il Piccolo e prima ancora di altri
quotidiani, Enzo D'Antona, al fenomeno del rientro dei giovani
al Sud per le festività. D'Antona - originario di Riesi, in
provincia di Caltanissetta - è autore di un libro pubblicato
pochi giorni fa proprio sulla migrazione dei giovani
meridionali.
Per il giornalista, "si è inoltre invertito il flusso di
denaro: prima chi si era trasferito al Nord mandava soldi alle
famiglie al Sud ora, al contrario, sono le famiglie che
sostengono i figli che stanno al Nord per motivi di studio o
anche per lavoro perché un insegnante, ad esempio, non ce la fa
a mantenersi in una grande città dovendo pagare un affitto".
"L'idea che ci siamo fatti noi meridionali è che
l'emigrazione sia stata voluta dai Governi, di qualunque
composizione, perché le industrie settentrionali avevano un
disperato bisogno di braccia". Una forma di emigrazione
addirittura meno conveniente di quella "degli accordi con la
Germania negli anni '50, in cui le fabbriche garantivano
l'alloggio ai lavoratori. In Italia invece, per i meridionali né
il pubblico né il privato si era preoccupato di questo, causando
un impoverimento agli emigranti. Non solo terrone ma anche più
povero di tutti, invece il cittadino meridionale e quello
settentrionale andavano messi sullo stesso piano".
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