(di Francesco De Filippo)
LUIGI NACCI, ALZATI E CAMMINA,
SULLA STRADA DELLA VIANDANZA (Ediciclo, pag. 186, euro 11.00
Nuova edizione). Non ha nulla di cattolico, ma ha molto di
religioso "Alzati e cammina", di Luigi Nacci. Lui lo definisce
un "eserciziario", perché la viandanza - neologismo che indica
chi viaggia a piedi per mete anche molto lontane - ha più a che
fare con un percorso interiore che non con il camminare, che "è
solo un mezzo". Il libro, uscito nel 2014, è diventato un cult
per chi si sposta a piedi, dunque una nuova edizione con una
introduzione dell'autore.
"La viandanza non ha nulla in comune con il trekking che è
una attività sportiva - distingue - Non è performativa, e
camminare serve per entrare nella dimensione, anche onirica, di
riflessione profonda, di conoscenza, rapporto con se stesso e
ciò che c'è intorno"; è "possibilità di una vita nuova. Quando
sei in cammino non conta la tua identità e potere sociale, hai
poco con te, e lo dividi con chi incontri; ci si fida, ti devi
adattare".
Un percorso concettualmente non troppo distante
dall'addestramento Shaolin, dalla concentrazione per
l'Illuminazione buddista o dagli ideali dei samurai; una laica e
non bellica risposta occidentale a un mondo veloce e consumista
che con moto centripeto trascina verso un'unica, effimera meta.
Un percorso duro: il libro "è scritto con fare marziale.
Esercizi assurdi da fare prima di mettersi in cammino, come
andare a trovare un amico a piedi senza avvertirlo oppure in una
notte di pioggia alzarsi e andare a camminare. E' pensato per
chi è in una fase precaria della propria vita e voglia di
cambiare". Un "rigore che indirizzavo a me, dandomi ordini".
Tanti e da categorizzare: 7 anni per scrivere il libro.
Nacci, triestino di origini meridionali, ha 43 anni e cammina
da venti, "a volte per settimane, un mese, senza mai un
problema. Non sono stato mai rapinato. Quando sei a lungo sulla
strada, impari a stare alla larga da certe situazioni, esiste
una sorta di codice anche per un viandante. In città c'è più
diffidenza di uno con lo zaino, ma in campagna, in montagna,
cambia tutto. Incontri vecchi, che hanno voglia di parlare, li
ascolti e ti adottano: è farsi un bene reciprocamente. Al nord
incontri nei bar, al sud nelle piazze". Per sé, sceglie il
percorso più impegnativo: "Mi piace l'inverno, quando non
incontri nessuno, Italia, ma anche Spagna, Balcani, dove c'è
bassa densità di popolazione. Una volta sono partito da Madrid
per la Galizia, un mese. Non ho incontrato proprio nessuno.
Faceva un freddo cane, chiesi al sindaco di un villaggio di
dormire nella palestra, era al lavoro sul trattore, mi disse
'noi non lasciamo mai nessuno per strada' e mi indicò un
ristorante. Ci andai, un posto surreale, con una signora enorme
che sembrava uscita da un film di Almodovar, mi mostrò una
stanza: 'il sindaco ti paga cena e stanza, fa sempre così'. Ma
ho dormito anche sotto i portici delle chiese". Poi, è diventato
guida turistica: "Porto in una settimana gente di ogni tipo con
capacità fisiche diverse". Il Covid ha interrotto anche i
percorsi interiori: "Ha seppellito la parte nomade di ciascuno.
L'estate scorsa ho attraversato tre regioni, in tenda, da solo,
ho visto tantissimi che camminavano, dicevano che non ne
potevano più. Mi attendo un'esplosione di persone a camminare,
ed a porsi domande grandi, specie chi è più sensibile".
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