(di Francesco De Filippo)
Nelle intenzioni del fotografo, le
gigantografie si staccano dalle pareti e scendono ad abbracciare
lo spettatore, per poi tornare al muro. E' la "dimensione del
sogno, è oniricità; la foto è una giovane arte, è utile portarla
per strada e farla conoscere il più possibile". Così Maurizio
Galimberti, spiega la retrospettiva inaugurata nell'esclusivo
borgo di Portopiccolo, fuori Trieste, ricavato tra le falesie
cantate da Erich Maria Rike.
Si tratta di 16 iconiche opere, in esposizione fino al 19
Settembre, "Esterno d'autore: fotografie nel borgo". Immagini
"en plein air" lavoro di una vita, cui si aggiungono 4 nuove
opere al chiuso di ritratti di animali e una stilizzata
rappresentazione della propaganda cinese. Seguendo il personale
stile caleidoscopico e frammentario, moltiplicatore di frazioni
di immagini, rifacendosi alla frettolosa velocità del tono
futurista di Boccioni, per arrivare al 'Nudo che scende le
scale' di Duchamp, Galimberti innerva la placidità del borgo di
nervosi scatti dove da un muro occhieggia la sobrietà di Sting
dall' altro l'allegria della Vucciria, una Lady Gaga concentrata
e la fragilità della vecchiaia in Lalla Romano. E poi Parigi,
Roma, Marrakech, Clooney, Sherer, Bardem.
Galimberti rifiuta l'etichetta di cubismo o di tratto
picassiano, parla di 'ready made' e si inoltre entusiasticamente
lungo un percorso che dalla fotografia scivola nella pittura:
dinamica "che diventa realtà con la possibilità di modificare
colori e alterare la realtà" della foto. E' un "riappropriarsi:
prendi un soggetto, lo abbracci e quando hai finito gli hai dato
un'altra fisicità". Citando Doisneau, precisa: "Il mio progetto
non è porre domande ma lasciare allo spettatore dare una
risposta".
Galimberti ha appena presentato un libro, "Inside the
cathedral of work" (Marsilio) con Fontana Group, attende il 7
luglio data dell'uscita di una sua biografia e con Paolo
Ludovici ha in cantiere un progetto e un libro sulla strage di
Marcinelle, "una carezza buona a queste persone morte
barbaramente. Mi manca il duro mestiere del fotoreporter, questo
è anche un omaggio ai fotoreporter morti".
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