(di Francesco De Filippo)
Nessuna sospensione della
procedura ma il Gruppo sostiene di essere disponibile ad avviare
un discorso per raggiungere un accordo sul piano nei prossimi
trenta giorni. Poi, ci sarà un anno di tempo per implementare il
piano stesso. Al termine della scadenza dei trenta giorni, in
assenza di una intesa potrebbero partire i licenziamenti di 451
dipendenti. E' il 'piano di mitigazione' che Wärtsilä ha
presentato oggi ai sindacati, ai ministeri dello Sviluppo
Economico e del Lavoro, all'Anpal, alla Regione Fvg e a
Confindustria Alto Adriatico. In pratica, nessun passo indietro
anche se trapela l'ipotesi di ricorsi a cig e ricollocazione.
Secca la risposta dei sindacati: "irricevibile".
Per il sito produttivo di San Dorligo della Valle il gruppo
prosegue nella sua strada: la chiusura e l'uscita di 451
dipendenti (e altrettanti nell'indotto), a differenza degli
altri comparti che dovrebbero restare attivi.
Mentre la multinazionale finlandese insiste sulla volontà di
trovare un accordo, sottolineando che sono previsti incentivi
all'esodo, il sindacato non si mostra sorpreso: "E' esattamente
quello che ci aspettavamo: un piano di dismissione che non
prendiamo neanche in considerazione", afferma Marco Relli della
Fiom-Cgil. Si tratta di un piano "funzionale a gestire una
chiusura", insiste Antonio Rodà della Uilm. "Hanno mandato un
piano asettico, privo di contenuti e vago, che è quello che ci
aspettavamo da un'azienda che non ha voluto sedersi a un tavolo
seriamente e aprire un confronto", aggiunge Alessandro Gavagnin
della Fim-Cisl
Gli strumenti cui Wartsila intenderebbe far ricorso sono i
normali ammortizzatori sociali: un anno di cigs a rotazione e
ricollocazione in altri impianti del Gruppo sparsi in vari
Paesi.
Håkan Agnevall, CEO di Wärtsilä, rimarca la disponibilità "ad
avviare immediatamente una discussione, nell'ambito della
procedura, con i sindacati e le istituzioni per trovare un
accordo che supporti le persone impattate e le loro famiglie,
salvaguardando al contempo il futuro a lungo termine delle
attività di ricerca e sviluppo, vendita, project management,
sourcing, assistenza e formazione. Tutte queste attività
impiegano più di 500 persone a Trieste".
Il piano di mitigazione è suddiviso in tre sezioni: possibili
percorsi di reindustrializzazione, misure sociali e tempistica.
"Non si può pensare in un anno di cigs - entra nel dettaglio
Rodà - di poter mitigare il problema occupazionale che si
determinerà, né tanto meno si può pensare che si possano
sviluppare i presupposti per una seria reindustrializzazione del
sito una volta che questo verrà chiuso. E' del tutto
insufficiente". Per i sindacati poi la cassa integrazione per
"451 dipendenti a rotazione", significa che i lavoratori saranno
impiegati per portare a termine le commesse e "coadiuvare nella
chiusura del sito". In conclusione, "è un piano che per Trieste
non ha nessuna prospettiva".
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