"Non c'è evidenza di una perdita
di fiducia da parte della società" globale "nei confronti della
scienza, anzi, la pandemia da Covid l'ha aumentata". Ma è una
fiducia che "non è omogenea nei vari settori della società" e
tra i diversi Paesi. Nello specifico, "pur non avendo fatto io
un'analisi dettagliata", da alcuni dati emerge che l'Italia "è
molto tecnocratica. Molto più di altri paesi europei. Sembra che
l'Italia ami la tecnologia e si rivolga ai tecnici per le
decisioni". Così Martin Bauer, sociologo della comunicazione
alla London School of Economics, ospite oggi della Scuola
internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) a Trieste, in
occasione del ciclo di seminari "Future Visions on Science
Communication". Al centro del dibattito il tema della fiducia
nella scienza.
"La scienza - ha osservato Bauer a margine dell'incontro -
non è indispensabile ai decisori pubblici per prendere le
decisioni. Ma nel caso in cui venga applicata, può migliorarle".
Il punto è che deve fare i conti con "due competitor, che sono
la tradizione e le preferenze pubbliche. Il terzo aspetto
sarebbe l'evidenza scientifica". Ai loro tavoli, ha aggiunto,
sono seduti "consiglieri per l'economia, per la religione,
...dovrebbero esserci anche posti per i consiglieri scientifici.
Dovrebbero avere più peso ai tavoli".
Nel mondo, ha proseguito Bauer, mentre "la fiducia nella
scienza rimane stabile, la comunità scientifica teme di perderla
e non nasconde quest'ansia". Questo, secondo Bauer, può anche
avere risvolti positivi, "attirando l'attenzione generale verso
la scienza e rafforzandone in questo modo la posizione". "In
Italia la fiducia nella scienza sta aumentando, magari in alcuni
settori più di altri. Come accade anche per esempio negli Stati
Uniti, dove è evidente la forbice tra repubblicani e
democratici, con questi ultimi più fiduciosi. Negli anni '70 era
il contrario".
L'auspicio, ha concluso Bauer, è che la scienza "possa
diventare sempre più necessaria" e possa essere applicata nei
vari ambiti pubblici.
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