L'altra faccia delle medaglie ha il volto accigliato di Justin Gatlin, che doveva insidiare Usain Bolt ed è ripartito annichilito da Rio, ma anche il viso angelico di Federica Pellegrini, molto meglio nei 100 metri con la bandiera italiana al Maracanà che nei 200 in vasca al parco olimpico. E se la medaglia d'oro degli sconfitti all'Olimpiade brasiliana spetta di diritto a Lochte (più che una gara, denunciando una rapina mai avvenuta e facendo rischiare la crisi diplomatica Usa-Brasile, ha perso la faccia) il podio delle delusioni è affollato e trasversale. Ci sale a pieno titolo Marta: la centravanti della Selecao femminile in avvio dei Giochi aveva spodestato in popolarità Neymar, scacciandolo persino dalle magliette verdeoro: i tifosi brasiliani cancellavano il nome dell'asso del Barcellona e mettevano il suo. Invece la cinque volte pallone d'oro è finita quarta, come una qualsiasi Cindy Ofili (ai piedi del podio nei 100 hs) di cui nessuno aveva mai parlato e nessuno si ricorderà.
La delusione olimpica è un sentimento che a Rio rivaleggia con la saudade, pervade l'animo e lascia l'amaro in bocca. Amarissimo il sapore dei Giochi lo è ad esempio per i pugili italiani: perdono, e va bene, c'è lo spirito olimpico ad assolverli, ma poi tutti quanti (ct Damiani compreso) accusano gli arbitri, neanche fossero al campionato italiano di calcio: e allora De Coubertin non c'entra più.
Più dignitosa, e comunque perdente, Vanessa Ferrari, ancora una volta quarta: ma almeno la bresciana non ha litigato con giornalisti e insultato followers come invece per identico risultato ha fatto la portabandiera azzurra della cerimonia d'apertura, Federica Pellegrini. Male gli All Blacks nel torneo di rugby a 7, i campioni di India e Pakistan nell'hockey. Malissimo il celebre Tom Daley nei tuffi: fuori in semifinale, eppure nelle qualificazioni era primo. E che dire delle sorelle Williams: dovevano spaccare il mondo, si sono limitate a ridurre in tanti pezzi per la frustrazione un paio di racchette: alla fine portano a casa una medaglia d'argento in tutto (Venus, nel doppio misto).
L'altra statunitense Hope Solo era stata assai antipatica a parlare tanto di zika (a proposito, per il momento a Rio non pervenuta) e poco di sport, è stata punita da un'eliminazione precoce della nazionale di calcio femminile Usa. Il pugile irlandese Conlan non ha fatto una bella figura alzando il dito medio agli arbitri che avevano decretato la sua sconfitta, ma il suo connazionale Hickey, riverito membro Cio nonchè presidente dei comitati olimpici europei, ha fatto di peggio: si è fatto pescare dalla polizia a fare il bagarino e ora soggiorna in un carcere di massima sicurezza brasiliano. Veniva definita una squadra da sogno quella di pallavolo femminile brasiliana, si è rivelata una squadra da sonno: "gioco poco redditizio e pure noioso", hanno detto i media locali, eliminata.
Come pure la nazionale donne italiana, un vero disastro. Per niente olimpico il comportamento del judoka egiziano, Islam El Shehaby, che si è rifiutato di dare la mano a un israeliano. E grottesco quello dell'astista Lavillenie. Ha perso l'oro, battuto da un brasiliano, e se l'è presa con la torcida che gli ha tifato contro. Passi, ma poi ha aggiunto "Mi hanno trattato come Jesse Owens", rivelandosi così la faccia più antipatica delle medaglie: quella tosta.