"Spero che l'amico Cosimo Sibilia,
presidente della lega nazionale dilettanti, dopo il decreto di
Conte di ieri e le dichiarazioni del ministro Spadafora, prenda
atto della situazione e dichiari al più presto che questa
stagione per noi è finita. Ieri c'è stato il 'de profundis'
della serie D 2019-'20". A lanciare il grido di dolore del
calcio dilettantistico è Pierluigi Betturri, presidente del
Trastevere, realtà emergente del football romano, promozione
dalla D alla C sfiorata per due anni, e quarto in classifica nel
suo girone prima che questo campionato si fermasse. Il realismo
è una delle caratteristiche di questo dirigente, al punto d'aver
rifiutato, una volta, la promozione a tavolino in C pur di non
fare il passo più lungo della gamba. Adesso invece, avendo
'studiato' carte e dichiarazioni, Betturri è del parere che per
la sua categoria bisogna mettere la parola fine.
"E' inutile alimentare false speranze e illusioni - dice
Betturri -. Si è stabilito che non ci si può allenare fino al 4
maggio e che poi, come ha precisato il ministro Spadafora, si
potrà tornare a farlo solo nel pieno rispetto delle misure
sanitarie determinate dalle autorità scientifiche. Ha ragione,
ma questo per i club di quarta serie significa l'impossibilità
di continuare questa stagione. Basti pensare che in Serie D, in
occasione delle partite, l'obbligo della presenza del medico
sociale c'è solo per la squadra che gioca in casa, quella che è
in trasferta non ce l'ha. Noi ne abbiano uno fisso, che segue i
nostri calciatori, solo da due anni. Chi potrà mai trovare e
anche pagare, parlo di noi dilettanti, i tre dottori che
servirebbero con gli allenamenti fatti a gruppi? Impossibile,
come sarebbe impossibile sanificare tutto, visti anche i costi.
E poi chi ha impianti adeguati, con più campi? In certi casi in
D e nelle categorie inferiori ci sono più squadre che si
allenano in una stessa struttura
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