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Riapre l'abbazia al Subasio, custode un eremita

Riapre l'abbazia al Subasio, custode un eremita

"L'isolamento mi serve per incontrare l'altro. Qui sono felice"

ROMA, 08 marzo 2024, 15:35

di Agnese Malatesta

ANSACheck

Riapre l 'abbazia sul Subasio, custode un eremita - RIPRODUZIONE RISERVATA

Riapre al pubblico l'abbazia di San Benedetto al Subasio, pochi chilometri da Assisi, dove San Francesco ricevette le chiavi della Porziuncola. Chiusa dopo il terremoto del 1997, dopo i lavori di ristrutturazione che ne sono seguiti, l'antichissima abbazia che risalirebbe al XI secolo ma forse anche prima, sarà di nuovo accessibile ai visitatori a fine di questo mese, dopo il 19 marzo (giornata scelta appositamente in onore di San Giuseppe), giorno in cui entrerà 'in servizio' un custode, del tutto particolare.

Si perché chi si prenderà cura dell'Abbazia (di proprietà dei benedettini San Pietro di Assisi ma in gestione delle monache del monastero benedettino Sant'Anna di Bastia Umbra), che accoglierà chi vorrà entrare nell'atmosfera silenziosa e meditativa dell'abbazia, o per conoscerne anche solo la sua spettacolare struttura artistica, è un aspirante eremita, un uomo motivato da spiritualità, da anni alla ricerca di un eremo dove vivere per praticare il suo credo.

 "L'eremo è sempre stato nella mia testa, da anni coltivo questa idea" dice Alberto Cisco, 53 anni, architetto, bolognese ma originario di Vicenza. Prima insegnante poi dirigente pubblico per 14 anni, un lavoro che ha lasciato: "era un mondo che non mi piaceva, che non mi apparteneva. Mi sono licenziato e mi sono preso del tempo, un po' obbligato da vicende private che mi hanno fatto molto soffrire". Opportunità resa possibile dai gesuiti di Villa S. Giuseppe a Bologna, che già aveva frequentato anni prima nell'iniziale idea giovanile di dedicarsi alla vita religiosa, e dove rimane per un anno e mezzo: "sentivo il bisogno di fare qualcosa per gli altri. E' stato un posto che mi ha dato tanto. Finalmente facevo quello che mi piaceva, dedicarmi alla religiosità e alle persone".

La vita in un eremo resta però l'obiettivo di Alberto che fa una prima esperienza, di due mesi, all'eremo di San Giorgio a Savigno, in provincia di Bologna, in un progetto per la riapertura delle canoniche abbandonate. Poi conosce le monache di Bastia Umbra, in particolare l'abbadessa, suor Noemi Scarpa, che mentre stanno lavorando per la raccolta delle olive lo scorso anno capisce il senso di vita che muove quest'uomo, mite, pacato, attento ed aperto alle persone, e gli propone di essere quel custode che sta cercando da un po' per non lasciare che il gioiello dell'Abbazia continui a restare chiuso. Alberto si prende del tempo per pensarci, parte per la Sierra Leone come volontario, per costruire bagni in una scuola delle suore clarisse missionarie del Santissimo Sacramento. Al ritorno, tutto è chiaro: accetterà la proposta che gli è stata fatta, si occuperà dell'Abbazia al Subasio.

 "Per assurdo - spiega all'ANSA - sono attirato dalla vita dell'eremita non per isolarmi ma per essere disponibile ad incontrare l'altro con la A maiuscola. La solitudine non mi spaventa, anzi. Sento il bisogno di un posto isolato, silenzioso, per avvicinarmi agli altri in modo più vero e profondo. E' come una maggiore disponibilità verso gli altri possibile per me attraverso l'isolamento e un continua ricerca di Dio". Da gennaio scorso, Alberto, insieme alle monache, è al lavoro per la riapertura, molto attesa anche dagli abitanti di Assisi; sono quindi in preparazione gli orari con cui tenere aperto l'eremo, i percorsi da fare, apporre segnaletiche, migliorare gli accessi. "Io accompagnerò nel giro chi lo vorrà, illustrando loro l'abbazia e i momenti storici che ha vissuto.

 Questo luogo è aperto in primis per la ricerca spirituale, abbiamo cinque stanze per l'ospitalità, ma è a disposizione di tutti coloro che lo vorranno".
  All'abbazia, inserita in un folto bosco, in posizione dominante su Assisi, Alberto vivrà in isolamento, in compagnia solo di Birba, il suo cane, e di Macchia, il suo gatto. E dei momenti in cui pellegrini e turisti vorranno condividere con lui la bellezza architettonica del luogo. All'entrata i visitatori troveranno una cassetta dove lasciare un'offerta, se lo desiderano. "Io vivo di provvidenza, nessun compenso è previsto, nessuno mi paga. Le monache provvedono al mio vitto, l'alloggio è l'abbazia, e per tutte le mie spese potrò contare sulle offerte. Ma sono felice. Sto cominciando - sottolinea - la vita che desidero da tanto tempo. Sto in un eremo e sto bene". E poi, "se penso che l'abbazia compare in un affresco di Giotto sulla vita di San Francesco che si può vedere nella basilica superiore di Assisi, cosa posso volere di più? Questo è il posto per me. Sono felice di stare qui".

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