La procura di Genova ha sentito
dieci persone, tra poliziotti e personale dell'Igiene mentale,
nell'ambito dell'inchiesta per omissione d'atti d'ufficio e
omissione di
denuncia dopo gli allarmi dei familiari di Alice Scagni, la
donna di 34 anni uccisa sotto casa il primo maggio dal fratello
Alberto. A breve potrebbero essere iscritti nel registro degli
indagati i primi nomi. Scagni aveva ucciso la sorella, madre di
un bimbo di un anno e 4 mesi, perché voleva più soldi dalla
famiglia. La mamma di Alice e Alberto, Antonella Zarri, subito
dopo l'omicidio aveva puntato il dito contro le forze
dell'ordine e i medici che non avevano ascoltato le sue
richieste di aiuto. Nei giorni scorsi ha lanciato un duro
attacco alla procura. "Abbiamo cercato aiuto nelle istituzioni.
Ci siamo imbattuti in una fredda e ignorante burocrazia.
Indolente - ha scritto in una lettera - ma prepotente nel suo
reiterato e pigro rifiuto di farsi carico del proprio ruolo di
garanzia ed aiuto verso i cittadini in difficoltà".
Subito dopo l'omicidio la donna aveva raccontato che dal 22
aprile c'era stata una escalation di episodi preoccupanti. In
particolare il 30 aprile era stata chiamata la polizia dopo che
era stata incendiata la porta di casa della nonna dei giovani
che abita nello stesso condominio del nipote. Le forze
dell'ordine erano state indirizzate verso Alberto. Il primo
maggio, sette ore prima del delitto, i genitori avevano chiamato
ancora il 112 dicendo che il figlio li aveva minacciati di
sgozzarli ma erano stati invitati a fare denuncia il giorno
dopo. Gli investigatori della mobile, coordinati dal procuratore
Francesco Pinto e dall'aggiunto Vittorio Ranieri Miniati,
avevano aperto il fascicolo per capire se vi fosse stata una
mancata denuncia da parte della polizia e un ritardo nella presa
in carico dell'uomo.
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