"Si aspettano anni e anni e poi
i delitti vanno in prescrizione. Così rimane sempre l'impunità
dei potenti di questo paese. Perché alla fine quello che conta è
il profitto economico, poi se muore qualcuno in un incidente non
fa niente". Sono le parole di Adele Chiello, la mamma di
Giuseppe Tusa, militare della capitaneria di Porto di Genova,
una delle vittime del crollo della Torre Piloti, dopo la notizia
della chiusura delle indagini sulle false certificazioni
rilasciate dal Rina sulla sicurezza delle navi. Chiello si era
battuta e grazie alle sue denunce era nato un fascicolo bis
sulla costruzione della Torre e sui datori di lavoro delle
vittime.
"Sono passati più di nove anni ma le verità alla fine devono
emergere. Aspetterò 20, 30 anni - continua la donna - ma alla
fine le responsabilità si chiariranno anche perché erano chiare
sin dall'inizio. Io avevo denunciato da agosto 2013 la storia
delle certificazioni false della nave Jolly Nero e della flotta
Messina. Tutti lo sapevano che c'è un conflitto di interessi
enorme, perché il controllato paga il controllore che a sua
volta non viene controllato da nessuno".
"La capitaneria di porto - conclude la mamma coraggio -
dovrebbe essere quella che garantisce la sicurezza della
navigazione, ma invece ha fatto gli accordi con gli armatori. Ma
non è solo un problema della sicurezza navale. In Italia va
così: davanti al dio denaro salta la legalità e si permette che
muoiano tante persone, come anche per il ponte Morandi. La
verità è che noi avevamo navi carrette, di cui tutti sapevano, e
nessuno le ha fermate".
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