"I lavori di risanamento del
viadotto Polcevera erano necessari e forse erano previsti nel
lavoro di retrofitting (i rinforzi alle pile 10 e 9, quella
crollata) ma di questi lavori lo abbiamo saputo solo dopo il
crollo". Lo ha detto in aula al processo per il crollo del ponte
Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime) Mauro Salvatore, tecnico di
tratto di Aspi che si occupava della manutenzione ordinaria in
A10, l'autostrada che comprende il viadotto. Tra le sue mansioni
anche quelle di installare le reti metalliche sotto i viadotti
per evitare che i calcinacci cadano sulle auto di passaggio. Le
reti avrebbero dovuto essere soluzioni momentanee e, invece,
sono rimaste lì anche per 10 anni e poi sostituite solo quando
si riempivano di detriti.
"Sul Morandi erano molte e disseminate ovunque sotto il piano
viabile" ha detto in aula. "Ovviamente il nostro era un
intervento che non risolveva il problema". Infatti "ci è
capitato di dovere tornare nello stesso punto dove avevamo
installato la precedente rete per sostituirla visto che si era
riempita di calcinacci. In questi casi abbiamo notato una
estensione della problematica, che ci faceva pensare a un
peggioramento del difetto".
A volte sono stati visti "ferri scoperti da dove cadevano i
calcinacci. A mia memoria non ricordo che ci fossero procedure
scritte per intervenire in questi casi. Non avevamo indicazioni.
Dopo il crollo, invece, le società terze che hanno iniziato a
fare le ispezioni ci davano istruzione di passare un passivante
ai ferri, ma è una cosa molto recente".
Salvatore ha spiegato che saliva sul ponte ed è anche stato
dentro i cassoni, anche se non ha saputo indicare con esattezza
fino a quando ci è andato. "Ci entravamo senza paura", ha detto.
Per l'accusa quella delle reti dovevano essere una soluzione
provvisoria che però era andata avanti negli anni.
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