"Sin dal primo giorno ho vissuto il
crollo del Morandi come un grosso lutto e mi sono messo a
disposizione dell'autorità perché per me è stato un fallimento
della società. Questo non è paragonabile al lutto e al dolore
dei parenti delle vittime, ma mi sono messo a disposizione da
subito". Lo ha detto in aula Mario Bergamo, ex responsabile
sicurezza e manutenzioni di Aspi, uno dei 58 imputati nel
processo. Fu Bergamo ad avviare il retrofitting, il rinforzo
delle pile 9 e 10. "Di Taddeo (un altro imputato, ndr) mi diede
rassicurazioni in termini di sicurezza. Mi disse che in base
alle riflettometriche emergeva un lento trend di degrado dei
cavi ma il coefficiente di sicurezza era più che doppio rispetto
a quello previsto dalla norma. Mi disse che il ponte aveva una
riserva di sicurezza talmente elevata che non c'era nessuna
preoccupazione. E lo confermò anche davanti a Castellucci".
In mattinata è stato sentito Pierluigi Ceseri, un altro degli
imputati ex Aspi negli anni '90. "Fino a che c'ero io e
Autostrade era pubblica tutto andava bene. Poi venne
privatizzata e cambiò tutto. Io avevo lo spirito dell'uomo al
servizio della cosa pubblica. Poi cambiò questo approccio e
contavano solo i conti". "Sì difendeva il servizio pubblico - ha
continuato -. Nel 1985 ci chiamò il presidente Sandro Pertini
per farci i complimenti perché durante il grande gelo non
chiudemmo l'autostrada".
"Nel 1994 avevo letto alcuni articoli sulla rivista di
Autostrade sui lavori al viadotto Polcevera. L'ingegnere
Camomilla mi aveva parlato, mi aveva detto che era prevista una
consistente manutenzione ordinaria e straordinaria. Non mi
informai su come funzionassero le riflettometriche, non mi
interessava. Negli anni '90 Camomilla mi parlò in generale del
viadotto ma non mi disse che presentava criticità particolari".
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