Si è avvalso della facoltà di non
rispondere Ahmed Musthak, operaio bengalese di 44 anni,
arrestato per l'omicidio della moglie Sharmin Sultana. L'uomo,
difeso dall'avvocato Vittoria Garbarini, è accusato di
maltrattamenti in famiglia e di omicidio volontario. Per la
procura e i carabinieri avrebbe fatto passare per suicidio
l'omicidio della donna di cui era morbosamente geloso perché
usava i social e il telefonino. A incastrarlo il racconto e il
disegno fatto dal figlio più grande ma anche la tenacia delle
amiche di Sharmin che non hanno mai creduto al suicidio.
Una di loro si era anche rivolta, dalla Svezia, al centro
antiviolenza Mascherona. Alla responsabile aveva detto che la
sua amica, in diverse occasioni le aveva detto di avere paura
del marito "manipolatore e controllore morboso della sua vita",
che la controllava psicologicamente e l'avrebbe messa in cattiva
luce con i connazionali e i parenti.
Musthak "non voleva che lei avesse amici e che frequentasse
altre persone, tanto che aveva iniziato a comunicare tramite
social, circostanza che comunque non piaceva al marito che per
gelosia le controllava il telefono". L'amica ha anche raccontato
un episodio avvenuto nella notte tra il 4 e il 5 marzo. "Si è
molto spaventata perché il marito era entrato nella sua stanza
di notte e, quando gli aveva chiesto le ragioni, aveva risposto
che era entrato per controllare i bambini". Il 5, spiega ancora
l'amica, "c'era stato un litigio tra i due per delle spese non
condivise dal marito e Sharmin mi ha detto di sentirsi
"pressata".
Il 7 marzo (giorno della morte, ndr) avrebbe dovuto sostenere
un colloquio di lavoro dopo che i bambini erano andati a scuola.
Lei era molto entusiasta mentre il marito non era d'accordo".
Quella mattina, secondo il racconto di un vicino, "siamo stati
svegliati intorno alle 7 dalle urla che venivano dalla casa
della famiglia Musthak e dai pianti dei bambini che poco dopo si
interrompevano". I due figli della vittima verranno sentiti
nelle prossime settimane nel corso di un incidente probatorio
che deve essere ancora fissato.
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