Giuseppe Piccolomo, già condannato all'ergastolo per il cosiddetto 'delitto delle mani mozzate', ossia l'omicidio della pensionata Carla Molinari nel 2009, "professa la sua innocenza" rispetto all'accusa di aver ucciso 27 anni fa anche la studentessa Lidia Macchi, che venne ritrovata cadavere nei boschi del Varesotto. Lo ha spiegato il difensore dell'artigiano, l'avvocato Omar Pagnozzi.
La Procura Generale di Milano nei giorni scorsi, infatti, dopo aver avocato le indagini che erano coordinate dalla Procura di Varese, ha chiuso l'inchiesta, in vista della richiesta di processo, contestando l'omicidio volontario aggravato a Piccolomo in relazione alla morte di Lidia Macchi, che scomparve il 5 gennaio del 1987 e il cui corpo venne ritrovato due giorni dopo. "Dal punto di vista della difesa - ha spiegato il legale - si può soltanto dire al momento che studieremo gli atti e valuteremo gli indizi a carico".
Tra gli elementi indiziari raccolti dalla Procura Generale ci sono le dichiarazioni delle due figlie di Piccolomo che accusano il padre, un identikit e un cartone da imballaggio che venne trovato sul cadavere della giovane. L'imbianchino di 64 anni è accusato di aver ammazzato la ragazza con 29 coltellate, dopo averla violentata. Nei mesi scorsi nell'interrogatorio davanti al sostituto pg Carmen Manfredda si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una decisione che, come chiarisce la difesa, non c'entra nulla con il merito delle accuse ma che è una scelta e una facoltà processuale. Ad ogni modo, ha chiarito il legale, rispetto all'accusa di aver ucciso la studentessa Piccolomo "professa la sua innocenza".
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