L'ex direttore del Tg4 Emilio Fede
aveva un "interesse personale e utilitaristico" a "mantenere
alto l'umore del Presidente del Consiglio e a perpetrare il
meccanismo delle serate (reclutando egli stesso, tramite l'amico
Mora, ragazze da portare alle feste)". Lo spiega la Corte
d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha
assolto Silvio Berlusconi per il caso Ruby.
Tra l'altro, scrivono i giudici, "ammesso che" Fede "sapesse
della minore età" di Ruby "non aveva alcun interesse a rivelarla
a Berlusconi, mettendo a rischio la partecipazione della giovane
alle serate". La presenza della giovane, infatti, "compiaceva il
padrone di casa e alimentava un sistema di spregiudicati
intrattenimenti da cui lo stesso Fede traeva concreto vantaggio,
non solo per il sollazzo e il piacere fisico che le serate
offrivano, ma anche per l'opportunità di ritorno economico che
ne scaturivano".
Fede, secondo la Corte, da un lato, era "beneficiario, al
pari di Berlusconi, delle esibizioni e delle prestazioni a
sfondo erotico" e in più traeva vantaggi economici. I giudici,
infatti, ricordano l'episodio del prestito milionario di
Berlusconi a Mora, in cui si sarebbe inserito anche Fede, e
parlano del "versamento a più riprese di denaro dai conti
intestati a Spinelli (all'epoca tesoriere dell'ex premier, ndr)
a Mora e la successiva emissione di tre assegni da quest'ultimo
a favore di Fede".
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