(dell'inviato Stefano Rottigni)
"Non parlo più!". Doveva essere un interrogatorio, chiesto dal pm per fare il punto sulla situazione sul suo racconto di quel 26 novembre del 2010 che, per gli investigatori e gli inquirenti presenta delle lacune ma Massimo Bossetti, in carcere da cinque mesi per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, questa volta, su consiglio dei difensori, non ha voluto rispondere al pm Letizia Ruggeri che ha ancora tempo per chiedere per lui il giudizio immediato, senza quindi passare per l'udienza preliminare.
Certo è che, da oggi, tra accusa e difesa è stato eretto un muro che dividerà le due parti anche davanti ai giudici della Corte d'assise. Per i difensori del muratore, che continua a proclamarsi innocente, una delle ragioni del silenzio è il fatto che su Massimo Bossetti sono state fatte ''inaccettabili pressioni'' per spingerlo a confessare ''anche da coloro a cui è affidata la sua custodia''. E tra questi anche il cappellano del carcere di via Gleno a Bergamo che uno dei legali, Claudio Salvagni, invita a "occuparsi di anime e non di "strategie difensive". "Così come io non mi occupo di anime, gradirei che non si occupasse di processi e linee difensive", reagisce il legale il quale non ha apprezzato che sacerdote, stando a quanto gli è stato raccontato, avrebbe consigliato a Bossetti una linea difensiva diversa e di "rivalutare la sua posizione".
La decisione di tacere è stata suggerita al muratore anche "a fronte di un atteggiamento inaccettabile dalla Procura" che, a dire degli avvocati, "utilizza contro di lui tutto quanto dice, anche nell'ovvia imprecisione su fatti di quattro anni fa" e per il fatto che non gli è stato consentito di avere un colloquio 'protetto', quindi senza altre persone presenti e senza registrazioni con il criminologo del collegio difensivo, Ezio Denti. "Si è tornati al processo inquisitorio, con uno sbilanciamento del tutto a favore dell'accusa, mentre la difesa ha anche difficoltà ad avere alcuni atti", hanno detto Salvagni e la sua collega, Silvia Gazzetti i quali lamentano che a Bossetti, finora, non siano ancora stati consentiti i colloqui 'straordinari' con i figli minori, come prescritto dal regolamento penitenziario.
Muro contro muro, quindi, tra accusa e difesa, a pochi giorni dal quarto anniversario della scomparsa di Yara: la tredicenne promessa della ginnastica scomparve nel tardo pomeriggio del 16 novembre del 2010 per essere trovata, uccisa, esattamente tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d'Isola, a pochi chilometri di distanza dalla sua abitazione. Anni di indagini serrate fino al 16 giugno scorso, quando fece comparsa sulla scena Bossetti: il dna trovato sui leggins e sugli slip della ragazza era il suo. I difensori attaccano anche su questo: "Il dna non è il Sacro Graal di quest'inchiesta. E' stato prelevato e analizzato senza contraddittorio: e noi non possiamo permettere che una persona che crediamo innocente sia condannata sulla scorta di una prova che si è formata unilateralmente".
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