Sono state disperse nelle acque del
Naviglio della Martesana, a Milano, le ceneri di Arnaldo
Gesmundo, uno dei membri della storica "banda di via Osoppo" che
nel 1958 realizzò quella che è stata definita la rapina del
secolo.
Questa mattina sua moglie Apollonia, assieme a un piccolo
gruppo di amici, ha esaudito il desiderio di "Jess", scomparso a
metà aprile per le complicazioni di un'infezione in nessun modo
collegata al Covid-19. Il 28 maggio avrebbe compiuto 90 anni.
Era cresciuto in via Padova, in una Milano diversissima da
quella attuale. Per questo alla moglie, con cui ha trascorso 48
anni, aveva chiesto di essere "liberato" lì, trasportato dalla
corrente. E' stato scelto un punto all'angolo tra via Padova e
via Idro, su una discesa protetta da un grande albero di gelso.
"Jess il bandito" era un pezzo di storia della Milano nera,
quella della "ligera", la vecchia mala che il tempo ha coperto
con un velo di fascino e, a volte, ingiusto romanticismo. Era
stato uno dei sette uomini in tuta blu che la mattina del 27
febbraio 1958 assaltarono un furgone portavalori tra via Osoppo
e via Caccialepri. Il mezzo trasportava 500 milioni di lire in
titoli e 115 milioni in banconote da 5 e 10mila lire.
Fecero tutto in soli tre minuti e - cosa di cui Gesmundo andrà
sempre orgoglioso - senza sparare un colpo. A rovinarli fu un
fiume, l'Olona, in cui la banda aveva gettato le tute blu e le
armi utilizzate. Dopo alcuni giorni dalla rapina il tratto in
via Roncaglia si seccò rivelando agli investigatori il
materiale, consentendogli di risalire ai venditori e ai banditi.
"Arnaldo ha scontato tutto quello che doveva ed era consapevole
di aver commesso errori - ha raccontato questa mattina all'ANSA
sua moglie - Da moltissimo tempo l'immagine del bandito non gli
apparteneva più. Vivevamo in simbiosi, quello che mi manca di
più è la sua gentilezza. Non ha mai usato una parola fuori posto
con me".
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