Glovo, una delle piattaforme di
delivery finita al centro, assieme ad altri colossi del settore,
di un'indagine della Procura di Milano sulle condizioni di
lavoro e sicurezza dei rider, "ha presentato ricorso gerarchico
alla Direzione dell'ITL (Ispettorato del Lavoro) di Milano in
merito ai verbali consegnati lo scorso 23 febbraio", contestando
"la riqualificazione dei rapporti di lavoro" con i fattorini e
"ritenendo di aver ottemperato agli obblighi previsti per i
lavoratori autonomi secondo la normativa vigente e applicabile
nel periodo di riferimento delle indagini", ossia tra marzo 2016
e ottobre 2020.
Lo annuncia in una nota la stessa società, "piattaforma
spagnola presente in Italia con oltre 120 dipendenti, 10.000
rider attivi e oltre 15.000 esercizi commerciali partner". Il
ricorso, viene chiarito, "parte dal presupposto che la
riqualificazione dei rider come lavoratori cosiddetti
etero-organizzati non può essere presa in considerazione. Non
sono dunque state adeguatamente considerate le caratteristiche
del modello di business di Glovo e il rapporto instaurato tra
l'azienda e i corrieri".
I corrieri di Glovo, spiega la nota, "hanno infatti la
libertà di accettare o meno una proposta di consegna, la
possibilità di scegliere in totale autonomia gli orari di
collaborazione in base alle proprie esigenze e le loro
prestazioni non presentano elementi di continuità, esclusività e
regolarità". I rilievi sollevati sui "processi interni
difficilmente possono essere ascrivibili, così come sottolineato
nei verbali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, all'articolo
2 del D.Lgs. n.81/2015 (il cosiddetto "Jobs Act"), che applica
la disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di
collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro
esclusivamente personali, continuative ed etero-organizzate,
anche mediante piattaforme digitali".
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