"Chiedo che si indaghi ancora e che si arrivi alla verità sulla morte di mio figlio, qualunque essa sia". Lo ha chiesto oggi Franco Pamiro, il padre di Mauro, il 44enne professore di informatica al liceo Galilei e musicista trovato cadavere in un cantiere in via Don Primo Mazzolari, a Crema, il 29 giugno di un anno fa. Lo ha domandato con forza prima dell'udienza davanti al gip, in tribunale a Cremona, in cui gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Antonino Andronico si sono opposti alla richiesta di archiviazione firmata dal pm Davide Rocco.
Per il pubblico ministero, escluso l'omicidio, la morte di Pamiro è un suicidio: si sarebbe lanciato dal tetto dopo aver preso la rincorsa, come attesterebbe l'autopsia, che certifica lesioni "compatibili con una precipitazione dall'alto e con l'altezza dell'edificio in costruzione alla base del quale era stato rinvenuto il cadavere".
Il pm ha escluso "l'opera di terzi" e ha chiesto al gip di archiviare la posizione di Debora Stella, la moglie indagata "come atto dovuto". Il gip si è riservato. "Che cosa sia successo quella sera noi non lo sappiamo. Ma siamo sicuri che Mauro non si sia suicidato" hanno esposto la loro verità i legali della famiglia della vittima.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA