La tempestiva applicazione della zona rossa nel Bergamasco poteva salvare delle vite. Un range ipotizzato tra le 2mila e le 4mila vittime evitabili, secondo quanto si è saputo, stabilito in base al metodo di Stefano Merler, consulente del Comitato medico scientifico, dal professor Andrea Crisanti nell'elaborato che oggi ha cominciato a discutere con i magistrati della Procura di Bergamo. Dal colloquio con i pm riguardo la consulenza di una novantina di pagine con circa 10mila pagine di allegati sono emerse "criticità a proposito dell'istituzione e tempestività della zona rossa" e "dell'applicazione del piano pandemico nazionale anticovid". Non si è parlato, invece, del presunto, contestato, mancato adeguamento del Piano, non oggetto della consulenza affidata dai pm a Crisanti. Minori le criticità riguardo la chiusura e riapertura del Pronto soccorso dell'ospedale di Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, dopo la scoperta di due casi il 23 febbraio, due giorni dopo che era stato accertato il primo caso ufficiale di Covid italiano, a Codogno, nel Lodigiano. Anche perché si è scoperto che prima del 20 febbraio tra pazienti e personale ad Alzano il virus già circolava. C'erano già "un centinaio di contagi", stando agli accertamenti eseguiti dal consulente, paragonando le cartelle cliniche e le analisi successive per rilevare Il coronavirus. "Questo lo posso dire perché è già stato detto dalla Procura - sottolinea -: quando si verificò il primo caso all'ospedale di Alzano c'erano già circa cento contagiati". "Molte" delle scelte fatte in quel periodo appaiono al professore "prese in buona fede sulla scorta delle conoscenze che si avevano" ma sarà compito del procuratore orobico Antonio Chiappani stabilirlo. Quel che è certo è che per Crisanti è stato "umanamente impegnativo" avere "a che fare per un anno e mezzo con storie personali dolorose. Ma, come detto dal procuratore, il nostro compito è stabilire quello che è successo per i famigliari delle vittime"