Era stato "in grado" di inviare via
WhatsApp ben "1.400 messaggi 'pubblicitari'" ad "altrettanti
clienti per invitarli a rifornirsi da lui e dal suo gruppo
indicando anche l'esatto punto della zona boschiva" a Lainate,
nel Milanese, "in cui recarsi". Per lui, il 37enne marocchino
Mohamed Benabla, presunto capo di un'associazione finalizzata al
traffico di cocaina, eroina, hascisc e marijuana, è arrivata una
condanna a 18 anni di reclusione da parte del gup di Milano
Guido Salvini, a seguito dell'inchiesta dei carabinieri,
coordinata dal pm Gianluca Prisco, che aveva portato a 27
arresti nel maggio del 2021.
In totale, ci sono state altre 3 condanne in abbreviato e 8
patteggiamenti per altri 11 imputati che hanno scelto i riti
alternativi, mentre altri ancora sono a processo con rito
ordinario. Nelle motivazioni della sentenza si legge che il
presunto boss del traffico di stupefacenti nel 'boschetto della
droga' di Lainate avrebbe soprattutto intensificato "tale
attività 'promozionale'", con l'invio di centinaia di messaggi
ai clienti per "fidelizzarli", "all'indomani della scissione"
con altri trafficanti che avevano costituito un altro gruppo. E
ciò "con l'obiettivo di continuare ad assicurarsi, e di
rassicurare, una clientela che gli poteva essere sottratta dal
gruppo rivale che operava nello stesso 'segmento commerciale'".
Benabla, tra l'altro, "nel momento in cui trattava per
'assumere'" altri "aspiranti spacciatori" proponeva loro "anche
uno 'stipendio' mensile che poteva variare tra i 1500 e i 2500 e
anche i 3000 euro al mese". E ha dimostrato una sorta di
"capacità imprenditoriale", mettendo in piedi, spiega ancora il
gup, "un vero 'esercizio commerciale' all'aperto che funzionava
sino alle prime ore del mattino".
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