Era stato ribattezzato il 'giallo'
della valigetta da 10 milioni di euro: soldi portati in Italia
da un ungherese e un russo, atterrati a Linate, e poi scambiati
con un italiano in un autogrill. Un misterioso episodio avvenuto
quasi 9 anni fa, che aveva portato ad una perquisizione nel 2015
e che oggi in Tribunale a Milano si è chiuso con l'assoluzione
di tutti e cinque gli imputati nel procedimento che aveva al
centro l'accusa di riciclaggio.
Lo ha deciso la terza sezione penale (presidente del collegio
Maria Teresa Guadagnino) al termine del processo che vedeva le
difese rappresentate dagli avvocati Giacomo Lunghini, Patrizio
Nicolò, Elisabetta Busuito, Giuseppe Gallizzi e Andrea Bianchi.
Il 28 dicembre 2013, l'ungherese, 43 anni, accompagnato da un
russo, era sbarcato a bordo di un jet privato all'aeroporto
milanese con la valigetta con dentro "20mila banconote da euro
500" e aveva passato il controllo doganale, spiegando che il
denaro proveniva da una banca del suo Paese e serviva per un
affare immobiliare. L'ungherese, poi, stando a quanto
ricostruito successivamente dalle indagini della polizia
giudiziaria, avrebbe scambiato quella valigetta con un'altra
incontrandosi con un italiano, 57 anni all'epoca (perquisito nel
2015), in un autogrill vicino Ivrea.
La Procura ha indagato ipotizzando una "operazione di
riciclaggio internazionale" su quei 10 milioni versati, prima di
essere trasferiti a Milano, in un istituto di credito ungherese
da un vietnamita. Si era sostenuto che fosse stato concordato
uno scambio 'cash' tra euro e dollari con le due valigette.
Nella ricostruzione difensiva, però, l'ungherese avrebbe
riportato a casa solo carta straccia invece che dollari. Oggi
lui, il russo, il vietnamita e i due italiani imputati sono
stati assolti "perché il fatto non sussiste" dal riciclaggio e
l'ungherese anche dall'intestazione fittizia. Prescritta
l'accusa per le false dichiarazioni alla dogana.
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