La Procura di Milano ha chiuso le
indagini, in vista della richiesta di processo, con l'accusa di
riduzione in schiavitù per una coppia di genitori affidatari che
per circa 15 anni, tra il 2000 e il 2015, avrebbero costretto
una giovane, ospitata nella loro casa quando era appena
maggiorenne, a subire "violenze sessuali, anche di gruppo" anche
in "un contesto di riti satanici e messe nere".
La vicenda, con indagini del pm della Dda Stefano Ammendola,
era venuta a galla lo scorso ottobre e a novembre il Tribunale
del riesame di Milano aveva revocato la misura dell'obbligo di
dimora e di divieto di avvicinamento con braccialetto
elettronico per i due coniugi. Ora la Procura contesta agli
indagati di aver esercitato sulla donna "poteri corrispondenti a
quelli del diritto di proprietà". Nel 2002 dalle violenze, anche
psicologiche, subite dalla giovane da parte del genitore
affidatorio, a cui viene contestato anche il reato di violenza
sessuale di gruppo, è nato un figlio.
Dal 2005, poi, la donna sarebbe rimasta vittima di abusi
durante riti satanici e messe nere a cui avrebbero preso parte
"diversi uomini, non meglio identificati", che indossavano
"delle tuniche bianche e dei cappucci", anche in uno "studio di
registrazione insonorizzato" e alla "presenza di un crocifisso
capovolto". In quel contesto la donna sarebbe stata anche ferita
con un coltello con "incisioni sulla schiena e sulle gambe" e
sottoposta a "torture".
Nel 2006 sarebbe riuscita a trasferirsi in un'altra regione,
ma i due sarebbero andati a riprenderla e l'avrebbero sottoposta
ad altre violenze. Sarebbe stata anche "segregata in una
intercapedine" e poi "nascosta all'interno di una botola". Il
caso ha avuto un iter giudiziario travagliato con denunce
presentate dalla donna, che ora ha 41 anni ed è assistita dal
legale Massimo Rossi, anche fuori dalla Lombardia. I genitori
hanno sempre negato sostenendo che le sue denunce sono "tutta
una invenzione".
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