Nelle carceri lombarde sarebbe
"emerso un uso improprio dei mezzi di coercizione fisica". Si
legge in un documento inviato il 7 agosto scorso dal
Provveditore dell'amministrazione penitenziaria lombarda, Maria
Milano, ai direttori degli istituti della regione. E' quanto è
stato reso noto nei giorni scorsi, e polemicamente commentato,
dal sindacato Sappe sul proprio sito. Oggi la notizia è stata
rilanciata da diversi media.
"Dalla lettura di eventi critici recentemente occorsi - è
scritto nella circolare - è emerso, in talune circostanze, un
utilizzo improprio dei mezzi di coercizione fisica. In
particolare, è stato rilevato l'uso delle manette all'interno
delle sezioni detentive per contenere gli agiti auto ed etero
aggressivi posti in essere dai detenuti". "A tal riguardo si
osserva che l'articolo 41 dell'ordinamento penitenziario, che
detta i principi generali e disciplina limiti e condizioni
dell'uso della forza e dei mezzi di coercizione fisica, demanda
al regolamento di esecuzione la previsione di ulteriori
strumenti ai quali, comunque, non vi si può fare ricorso -
prosegue la nota - a fini disciplinari ma solo al fine di
evitare danni a persone o cose o di garantire l'incolumità dello
stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al tempo
strettamente necessario e deve essere costantemente controllato
dal sanitario".
Il Sappe commenta che "ovviamente, secondo la dirigente non
ha alcuna importanza l'incolumità degli uomini in divisa che -
in quanto tali - possono subire ogni sorta di violenza senza mai
reagire". Il provveditore Regionale dell'Amministrazione
Penitenziaria per legge è il datore di lavoro - conclude il
sindacato - e "il datore di lavoro è tenuto a garantire la
sicurezza e la salute dei lavoratori durante l'esecuzione della
prestazione lavorativa, adottando le misure preventive e
protettive necessarie a evitare i rischi di infortunio e
malattie professionali (e parliamo di rischi non di prendere le
mazzate tutti i giorni)".
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