"Ho intenzione di dire un bel po' di cose (...) tante cose contro il pm!". Sono parole di Alessia Pifferi, intercettate lo scorso 18 dicembre mentre parla in carcere con le due psicologhe di San Vittore, finite indagate per falso e favoreggiamento che nel colloquio, come sostiene l'accusa proprio sulla base delle conversazioni captate, si sarebbero anche informate su come procedeva la perizia psichiatrica in corso su di lei, disposta dalla Corte d'Assise di Milano nel processo che la vede imputata per l'omicidio della figlia Diana di quasi 18 mesi, lasciata morire di stenti.
Le due professioniste, indagate assieme al difensore della 38enne, l'avvocatessa Alessia Pontenani, nel fascicolo parallelo aperto dal pm Francesco De Tommasi, rivolgono, si legge negli atti dell'accusa, "domande dirette alla detenuta sui contenuti dell'incontro con i periti", il primo che c'era stato nei giorni precedenti. Le chiedono quali "risposte" abbia dato e Pifferi spiega: "Ho parlato della storia della mia vita, dell'infanzia".
E una della due psicologhe: "Che rimani in te sempre la stessa!". Pifferi: "Esatto ... dell'infanzia (...) quello che ho detto a voi l'ho detto lì". Le due, secondo l'accusa, avrebbero falsificato gli esiti di un test psicodiagnostico, che tra l'altro non potevano utilizzare, per far emergere un grave deficit cognitivo della donna e aiutarla, come se fossero consulenti difensive mentre il loro compito era di "supporto psicologico", ad ottenere la perizia nel processo.
Per il pm l'imputata anche in quel colloquio in carcere, mentre dalle professioniste sono arrivati "pesanti e gratuiti insulti" allo psichiatra consulente della Procura, si è mostrata sempre "lucida" e capace anche di "progettare dichiarazioni processuali contro il pm". La 38enne dice alle due: "Però prima mi devo consultare con l'avvocatessa! Perché non voglio passare nel torto". E racconta che il legale le avrebbe detto: "non ti preoccupare che gli diamo il botto finale! Stai tranquilla".
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