Una lettera scritta da ex
parlamentari, ex consiglieri regionali e sindaci leghisti,
perlopiù lombardi, e indirizzata al segretario Matteo Salvini
per chiedere al leader "perché abbiamo smesso di dialogare con
forze autonomiste e federaliste" per fare accordi "con chi non
ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e
svastiche". Ma anche per criticare la scelta di candidare alle
euroepee "personaggi con forte marcatura nazionalista,
totalmente estranei al nostro movimento" come il generale
Roberto Vannacci.
La missiva è stata sottoscritta da 21 esponenti leghisti ,
tra cui l'ex segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi, gli
ex parlamentari Cristian Invernizzi, Jari Colla, Germano
Racchella, l'ex assessore regionale, parlamentare e segretario
bergamasco Daniele Belotti i sindaci di Rovato Tiziano Belotti,
di Travagliato Renato Pasinetti, di Quinzano d'Oglio Olivari
Lorenzo, di Senago Magda Beretta e l'ex sindaco di Monza Marco
Mariani insieme a ex consiglieri regionali come Andrea Monti e
altri ex segretari provinciali della Lega.
"In questi cinque anni - si legge nella lettera - nonostante
la storica affermazione elettorale conseguita, la Lega è stata
relegata ad un ruolo di importanza residuale sia nell'assemblea
parlamentare che nelle altre istituzioni europee".
Un "isolamento politico" che "non ci ha consentito di
incidere concretamente nella ricerca di soluzioni a
problematiche di interesse del movimento - prosegue la missiva
-. È inevitabile dunque chiedersi dove sia finito il
tradizionale pragmatismo che ci ha sempre portati alla ricerca
di collocazioni utili al raggiungimento degli obiettivi".
E poi "ti chiediamo inoltre dove sia finita, caro segretario
- continua la lettera - la tradizionale e giusta distanza che
abbiamo sempre mantenuto da tutti gli opposti estremismi", con
la scelta "per alcuni aspetti anche condivisibile, di non
aderire ad una delle grandi famiglie politiche europee" che "non
può comunque portare la Lega a condividere un cammino con
partiti che nulla hanno a che fare con la nostra storia
culturale e politica" concludono i "dissidenti" leghisti
auspicando "di essere ascoltati".
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