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Amara assolto dall'accusa di aver calunniato l'ex Csm Mancinetti

Amara assolto dall'accusa di aver calunniato l'ex Csm Mancinetti

Prima sentenza a Milano, 'il fatto non sussiste'

MILANO, 16 luglio 2024, 20:09

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Piero Amara è stato assolto, con la formula "perché il fatto non sussiste", dall'accusa di aver calunniato l'ex consigliere del Csm Marco Mancinetti e con l'avvocato siciliano sono stati assolti anche il suo ex collaboratore, Giuseppe Calafiore, e l'imprenditore Fabrizio Centofanti. Lo ha deciso il giudice di Milano Mauro Gallina nel processo che è un filone autonomo del procedimento sugli ormai noti verbali resi da Amara sulla cosiddetta "Loggia Ungheria".
    "E' finito nel modo più corretto un processo che non avrebbe mai dovuto cominciare", ha spiegato, dopo il verdetto (motivazioni entro 15 giorni), l'avvocato Salvino Modello, legale di Amara.
    La sentenza arrivata oggi per Amara, emessa dal giudice della settima penale, è la prima per l'ex legale esterno di Eni nei vari processi che ha in corso a Milano, tra cui quello sul cosiddetto "falso complotto" e un altro sulle presunte calunnie (una quarantina le parti civili in totale) per le dichiarazioni rese nei verbali, tra il 2019 e il 2020, sulla fantomatica "loggia Ungheria", tirando in ballo nomi della magistratura, delle forze dell'ordine, dell'imprenditoria e delle istituzioni.
    Tra i temi trattati, nell'arringa di quattro ore, dalla difesa di Amara, che ha ottenuto l'assoluzione con formula piena, anche una questione giuridica basata "sulle norme vigenti a quel tempo": il legale ha sostenuto che mancava "il presupposto essenziale della calunnia, ossia la falsa dichiarazione su un fatto che costituisce reato, perché quel fatto", ossia quello attribuito da Amara a Mancinetti, "non costituiva reato per le leggi del tempo", ossia non era "istigazione alla corruzione". Amara, aveva concluso la difesa, ad ogni modo, "non aveva la consapevolezza della falsità della incolpazione" nei confronti di Mancinetti e va "assolto perché il fatto non sussiste". E così ha deciso il giudice.
   

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