Fabrizio Corona dovrà affrontare un
altro processo per bancarotta in relazione alla sua ex società
Fenice e, in particolare, alla sua vecchia casa di via De
Cristoforis, zona della movida milanese, a due passi da corso
Como. Un'abitazione del valore di circa due milioni di euro che,
secondo le accuse della Procura di Milano, sarebbe stata
"distratta" dai beni della srl.
Per questa ipotesi d'accusa di recente l'ex agente
fotografico, 50 anni e che ha finito di scontare le condanne
definitive lo scorso settembre, dopo circa 10 anni tra carcere,
domiciliari e affidamento terapeutico, è stato rinviato a
giudizio con la prima udienza fissata, davanti alla prima
sezione penale, per il 12 novembre. Tesi respinta, invece, dalla
difesa, con lo storico legale di Corona, l'avvocato Ivano
Chiesa.
Come ha ricordato il difensore, infatti, quell'appartamento
gli venne confiscato nel 2018 dalla Sezione misure di
prevenzione nell'ambito della nota vicenda dei contanti, per
circa 2,6 milioni di euro, che gli furono trovati nel
controsoffitto. Un caso da cui l'ex re dei paparazzi venne
assolto in relazione all'accusa principale di intestazione
fittizia di beni e 1,9 milioni di euro gli furono restituiti.
Per la difesa, dunque, si tratterebbe semmai di una
"bancarotta risarcita": per Corona sarebbe stato impossibile far
rientrare quel bene nella società fallita, anche perché la casa
era stata confiscata "ed era già andata allo Stato". Per gli
inquirenti, come già emerso all'epoca, l'abitazione sarebbe
stata intestata "fittiziamente" dall'ex agente fotografico ad un
suo collaboratore. Per la difesa, andò così perché Corona era in
carcere all'epoca. "Faremo il processo e vedremo se finirà come
quello dei soldi nel controsoffitto", ha detto l'avvocato
Chiesa.
A maggio Corona è tornato in possesso del suo passaporto,
dopo che la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di
Milano ha deciso di non applicare nei suoi confronti alcuna
sorveglianza speciale, ritenendo che non sia più "socialmente
pericoloso".
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