GIOVANNA CANZI E GABRIELLA GIANDELLI,
'LONTANO DALLA VITA DEGLI ALTRI' (MARINONI BOOKS, PP. 72, 35,00
EURO)
"Scabre e dense, ricche di umanità rappresa, di energia
sepolta sotto la rassegnazione, pronta a esplodere in una
diversa direzione, in un sorriso sghembo, in un guizzo di
comicità che rivela e libera". Così la scrittrice Laura Bosio,
nella prefazione a Lontano dalla vita degli altri, descrive le
storie che Giovanna Canzi e Gabriella Giandelli - se pur con
linguaggi diversi - dedicano a chi vive in una struttura
penitenziaria. Luoghi posti ai margini della città, spesso
vicini a discariche, in edifici dove il tempo sembra essersi
fermato. Se Giovanna Canzi, con i suoi racconti, ci prende per
mano e ci accompagna a conoscere gli studenti a cui ha insegnato
per quattro anni presso la Casa Circondariale della sua città,
Monza, Gabriella Giandelli, illustratrice di fama
internazionale, con il suo sguardo malinconico ci invita a
percorrere lunghi corridoi dove la vita scorre dolente fra il
clangore di porte chiuse con furia e il filo spinato che ferisce
lo sguardo.
Un intreccio di parole e immagini che mostrano un mondo di
dolore e privazione, dove non mancano, tuttavia, possibilità di
cura e riscatto. Un riscatto che può sicuramente passare
attraverso la scuola che - come sottolinea nella postfazione
Corrado Cosenza, a lungo referente regionale dell'Istruzione
degli adulti e penitenziaria all'Ufficio scolastico regionale
per la Lombardia - "è presente nelle carceri italiane fin dal
1891 come attività obbligatoria".
Ma chi sono gli uomini che vivono chiusi nell'isolamento e
che studiano per prendere la licenza media? Lo raccontano i
brevi ritratti di Giovanna Canzi - quasi delle istantanee che
trattengono il ricordo di un incontro che lega per sempre
insegnante e studente - e lo raccontano i disegni di Gabriella
Giandelli che ha saputo dare un volto a chi ha bisogno di
essere "sognato", come scriveva Danilo Dolci, per poter
esistere. Un libro che invita a entrare in silenzio fra le mura
di un carcere e conoscere da vicino quelle persone che non sono
solo il reato che hanno commesso, perché ci somigliano più di
quanto siamo disposti ad ammettere. Perché il male non è altro
da noi e non è estraneo alle nostre coscienze.
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