Ci ha pensato su un attimo e poi ha deciso di fuggire Francesco Monteleone, il 24enne che l'11 dicembre, alla guida di un tir in viale Renato Serra a Milano, ha travolto e ucciso Rocio Espinoza Romero, 34 anni, davanti ai suoi bimbi che erano sul passeggino e che si sono salvati, così come la nonna. E ha dimostrato così una "assoluta insensibilità". Lo ha messo nero su bianco il gip Alberto Carboni nell'ordinanza di convalida dell'arresto con cui ha confermato l'impianto dell'accusa della pm Paola Biondolillo, nelle indagini della Polizia locale, decidendo, però, di disporre come misura per l'omicidio stradale aggravato dall'omissione di soccorso e dalla fuga gli arresti domiciliari per il giovane, che due giorni fa era entrato a San Vittore. Mentre la pm chiedeva il carcere.
Le esigenze cautelari, ossia il pericolo di reiterazione del reato, spiega il giudice, "possono essere soddisfatte" con i domiciliari (senza braccialetto elettronico), "così da limitare la libertà di circolazione dell'indagato e impedire che ci siano occasioni di ripetizione di episodi analoghi". Nell'interrogatorio Monteleone, difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Mario Mongelli, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. "Umanamente è chiaro che questa è una tragedia di dimensioni immani - hanno spiegato i difensori - il nostro assistito era in stato di confusione, ma ha anticipato la volontà di voler chiarire la sua posizione direttamente con il pubblico ministero". Intanto, dagli atti emerge che dopo l'incidente, avvenuto alle 9.44 mentre la donna, coi due gemellini e la loro nonna, stava attraversando sulle strisce, il 24enne ha effettuato "quattro tentativi di chiamata al padre in rapida successione (9:51, 10:00, 10:04, 10:32)". Una "simile coincidenza temporale" e "l'insistenza delle telefonate", scrive il gip, "non possono certo essere casuali e trovano una spiegazione logica solo nel fatto che l'indagato si era accorto di aver investito una persona e che, preso dal panico, tentava di mettersi in contatto con il padre".
Un elemento che si aggiunge ad altri che dimostrano, annota il gip, che il 24enne sapeva ciò che aveva fatto, ma non si è fermato ed è stato rintracciato in una cava ad Arluno, nel Milanese, dove era tornato al lavoro come se niente fosse. La donna "è stata trascinata" per 13 metri "e non pare ipotizzabile che il conducente del mezzo possa non essersi reso conto della presenza di un ostacolo che intralciava la normale andatura del veicolo". Uno dei testimoni, poi, ha "riferito di aver più volte suonato il clacson per richiamare l'attenzione dell'autista" e non è "realistico che quest'ultimo non abbia percepito quanto stava succedendo". Sempre il teste ha messo a verbale il tentativo disperato della donna di fermare il tir. "Ho visto - ha raccontato - una persona che alzava le braccia in prossimità dell'attraversamento pedonale come a volersi fare notare dal conducente del mezzo pesante". Le immagini, poi, hanno ripreso Monteleone che, dopo l'impatto, si è fermato "per circa quattro secondi". Una "brevissima sosta" che "dimostra quindi che l'autista si era reso conto" e "dopo essersi interrogato pochi istanti su come comportarsi, ha assunto la decisione" di scappare. Nell'ordinanza non viene citato, invece, un altro dato riportato dagli inquirenti, ovvero la telefonata e il messaggio ad un avvocato durante la fuga, perché potrebbero non essere utilizzabili nelle indagini.
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