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Risate e applausi per Giovedì Grasso di Donizetti a Ancona

musica

Risate e applausi per Giovedì Grasso di Donizetti a Ancona

Nuova produzione Teatro Muse con aria aggiuntiva inedita

ANCONA, 30 agosto 2021, 10:31

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   E' stato accolto da applausi e risate andate sia al cast che alla frizzante direzione d'orchestra di Sebastiano Rolli, ieri sera al Teatro delle Muse di Ancona il debutto della farsa in un atto di Donizetti 'Il Giovedì Grasso', presentata nella prima edizione critica a cura di Giovanni Sparano e Alvise Zambon, che il direttore artistico della stagione Kammeroper Vincenzo De Vivo ha voluto arricchire di un'aria aggiuntiva mai eseguita prima. Scritta nel 1829 su libretto di Domenico Gilardoni per il Teatro del Fondo di Napoli, l'opera, raramente eseguita in epoca moderna, abbina allo stile belcantistico il realismo teatrale tipico della farsa, inserendovi alcune arie in dialetto napoletano. Ispirata al Monsieur De Pourceaugnac di Molière, l'intreccio si basa su amori contrastati, travestimenti, errori di persona (favoriti dall'ambientazione nel periodo di carnevale), equivoci vari. Tra gli interpreti Carmine Riccio, Carolina Lippo, Giorgi Manoshvili, David Astorga, Nutza Zakaidze, Chiara Notarnicola, Davide Bartolucci, e soprattutto Simone Albreghini, vero mattatore della serata. Ispirandosi alle commedie di Eduardo Scarpetta, il regista Francesco Bellotto ha ambientato l'opera alla fine dell'800 nella hall di un alberghetto (scene di Lucio Diana, costumi di Stefania Cempini), con porte fatte di pannelli trasparenti nel proscenio dietro i quali si scorge l'Orchestra Sinfonica 'G. Rossini', sviluppando l'azione frontalmente come se si trattasse di un cabaret. Un'ora e un quarto di divertimento, che raggiunge l'apice nella feroce litigata in napoletano tra il Sigismondo di Alberghini e il suo servo Cola (Bartolucci). E subito dopo, annunciata a scena aperta da Alberghini, l'aria sostitutiva per Sigismondo scritta da Donizetti nel 1830 in italiano per il basso Antonio Tamburini, che poi non la cantò, attenendosi a quella in napoletano. Un esilarante brano impregnato di misoginia e diretto alla moglie, contro cui 'Porre in opera il bastone', che si conclude scandito da applausi con la frase: 'mi son scordato che il celibato fa singolare e l'ammogliato fa pluralità'. Si replica il 31 agosto.
   
   

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