Basta con "l'alibi degli eventi
eccezionali", bisogna lavorare "per prevenire i disastri ". Lo
rileva il presidente dell'Ordine dei Geologi delle Marche Piero
Farabollini. "A oltre dieci giorni dall'alluvione che ha colpito
le Marche - spiega -, abbiamo letto il rapporto di evento
preliminare pubblicato dalla Protezione civile regionale, così
come l'analisi che ne ha fatto la Regione. Come geologi che da
sempre lavorano per la prevenzione, riteniamo opportuno studiare
e approfondire i fenomeni metereologici che si sono verificati".
"La probabilità di ritorno superiore ai mille anni determinata
in questa fase - osserva Farabollini - è, a nostro avviso, un
dato abnorme, soprattutto tenendo conto che le prime
acquisizioni strumentali superano a malapena il secolo e
oltretutto in maniera incompleta" "Fuorviante - insiste -
parlare di zone che non venivano alluvionate dal fiume
dall'epoca medioevale: oltre a non possedere i dati strumentali
ufficiali, si sta spostando l'attenzione dal tema vero: la
manutenzione continua, e non occasionale, del nostro
territorio". "La prevenzione è un argomento scomodo - aggiunge
il presidente dell'Ordine dei Geologi -: non porta voti,
richiede dedizione, pazienza, ricerca e grande attenzione per la
quantità di denaro necessaria a completare opere che,
oltretutto, potrebbero portare benefici ad anni di distanza.
Tuttavia è l'unica strada che possiamo percorrere, per evitare
che in futuro avvengano tragedie di queste dimensioni. Anziché
sottolineare l'eccezionalità di eventi che, invece, il
cambiamento climatico renderà sempre più frequenti, facciamo il
punto su dove e come è più urgente intervenire - ammonisce -.
Abbiamo parlato molto delle mancate opere per mettere in
sicurezza il Misa a Senigallia, o di altri fiumi ma molto si
dovrebbe dire anche dello spopolamento delle aree interne, che
porta con sé abbandono del territorio, mancata cura delle
foreste e fiumi che, in caso di piena, trascinano a valle di
tutto". E poi "Ia burocrazia è un ostacolo spesso
insormontabile" come dimostra il caso di Fermo "dove per
ripulire l'alveo del fiume Ete Vivo serve il parere della
Soprintendenza archeologica".
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