Scappa dalla guerra in Ucraina per ricominciare una nuova vita in Italia con la figlia ma viene sfruttata sul lavoro in un ristorante del Fermano. Le indagini dei carabinieri hanno portato alla denuncia, per sfruttamento del lavoro, dei tre soci e gestori di un esercizio di ristorazione in un centro situato in provincia di Fermo nelle Marche.
Gli accertamenti, scattati dopo la denuncia di una dipendente ucraina che lamentava irregolarità nel rapporto di lavoro, avrebbero accertato violazioni in concorso della normativa a tutela della lavoratrice da parte dei titolari dell'attività.
Secondo l'accusa, avrebbero reclutato e impiegato la parte offesa, retribuendola in maniera sistematicamente difforme da quanto previsto dai contratti collettivi nazionali: per le mansioni svolte erano previsti 12,10 euro l'ora a fronte dei 4,30 euro l'ora elargiti; il salario, inoltre, sempre secondo le indagini dei carabinieri, sarebbe comunque stato sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato. La dipendente sarebbe stata costretta a lavorare oltre le ore giornaliere stabilite dal contratto e avrebbe subito una sistematica violazione delle norme sul riposo settimanale e le ferie, mai concesse nell'intero arco temporale del contratto di lavoro. Tutto ciò sarebbe accaduto, secondo l'ipotesi accusatoria nell'ambito dell'inchiesta, approfittando dello stato di bisogno della donna derivante dal disagio economico in cui versava poiché cittadina di nazionalità ucraina, priva di strumenti di sussistenza per sé e per la figlia, e impossibilitata a rientrare in patria a causa della guerra in corso.
Tutti addebiti che ora dovranno essere vagliati dall'autorità giudiziaria con la possibilità per gli indagati di portare elementi e ricostruzioni diverse per dimostrare eventualmente l'assenza di responsabilità
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