"Dopo 28 anni dall'arresto di
alcuni componenti della banda della Uno bianca non conosciamo
tutta la verità sul perché uomini delle istituzioni si resero
responsabili di 24 omicidi e 102 feriti con ferocia cieca e
spietata. Il gruppo criminale, composto per la quasi totalità da
poliziotti, agiva con una ferocia omicida irragionevole,
specialmente negli anni 1990-91 durante la cosiddetta fase
terroristica, nel corso della quale uccidevano senza un
apparente motivo. Come quella tragica sera del 4 gennaio 1991,
quando una pattuglia dei carabinieri venne vigliaccamente
attaccata mentre percorreva via Casini del quartiere Pilastro di
Bologna". Lo scrivono i familiari dei tre carabinieri uccisi,
Otello Stefanini, Mauro Mitilini e Andrea Moneta, in occasione
del 32/o anniversario dell'eccidio.
"Quello del 4 gennaio 1991 - dicono - aveva tutte le
caratteristiche di un agguato, studiato e premeditato, in questo
caso bisogna ricercare complici e mandanti". Di recente "alcuni
episodi relativi alle prime indagini sono stati oggetto di un
informativa dei carabinieri e di un esposto". La prima
"riguardava un'intercettazione telefonica che coinvolse la
famiglia della super testimone Simonetta Bersani, che aveva
accusato soggetti poi risultati innocenti". L'esposto era sulle
comunicazioni degli inquirenti su alcuni fucili dei fratelli
Savi: "Subito dopo - ricordano i familiari - la Procura della
Repubblica di Bologna aprì un fascicolo conoscitivo, ma, a
distanza di ben due anni, non si conoscono ancora le
determinazioni degli organi inquirenti su quanto denunciato".
"Noi familiari - continuano - siamo determinati nel ricercare
la verità ed auspichiamo una riapertura delle indagini su tutti
i sette anni di crimini della banda della Uno bianca, una
vicenda caratterizzata da depistaggi ed indagini sbagliate,
avvolte ancora da numerose ombre". Nei prossimi giorni i
familiari dei militari depositeranno un esposto, frutto di un
lungo lavoro di ricerca.
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