Riforma Cartabia, imposizioni europee, nuova cultura della collaborazione. Sono temi toccati dal presidente dell'Ordine degli Avvocati di Ancona, Gianno Marasca durante l'apertura dell'Anno giudiziaria nelle Marche, parlando anche a nome anche dei colleghi degli ordini circondariali presenti.
"Negli interventi degli illustri rappresentanti che mi hanno preceduto - ha osservato - si è fatto riferimento alla Riforma Cartabia, mettendo in luce alcune criticità che sono obiettive".
Prima ancora che sui contenuti, l'avv. Marasca ha accennato a principi e tempistiche. "Dal punto di vista dell'avvocatura - ha detto rivolgendosi al Presidente della Corte di Appello, ai rappresentanti del Csm e del Ministero della Giustizia, al Procuratore Generale - ritengo doveroso soffermarmi sul concetto della ragionevole durata dei giudizi introdotto dalla Legge Cartabia in base di un'imposizione europea di cui, a livello europeo, si discute da decenni".
"Già in tempi passati nei testi accademici sui quali mi sono formato si presentava il concetto di Degiurisdizionalizzazione come risoluzione alternativa delle controversie, - ha ricordato - che aveva il beneficio di ridurre il carico giudiziario ma sottendeva alla filosofia occidentale secondo la quale il comando giudiziale è sempre esterno e autoritativo, ma deve essere residuale perché gli interessi veri delle persone sono quelli sottostanti alle manifestazioni esteriori".
Maraca si è riferito ad ansie, preoccupazioni, desideri e illusioni degli imputati e che gli avvocati conoscono, avendo a che fare con assistiti per i quali rappresentano la frontiera della giustizia: la 'Cartabia' "prende atto di questo aspetto, però lo impone perché i decenni nei quali in Europa si discuteva di questo nuovo orientamento li abbiamo trascorsi in una strumentale e continua polemica". L'Ordine forense ha espresso piena disponibilità a proseguire la collaborazione con la magistratura, che la definizione di nuove prassi e protocolli a causa del Covid ha portato a individuare, auspicando che la "nuova cultura della collaborazione che sta maturando, non nasca come imposizione ma come consapevolezza che solo tutti insieme si possa fare gli interessi della giustizia".
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