Il "Reliquiario di Montalto
capolavoro in gemme, oro e smalti" si sposta ai musei vaticani.
Si tratta di un'opera che non ha eguali, passata dalla corte di
Francia, alla corte d'Asburgo fino alle mani di due pontefici.
L'ultimo, papa Sisto V dal Tesoro Vaticano lo prelevò per
donarlo alla cittadina di Montalto nelle Marche, sua "patria
carissima", dove è tuttora conservato.
Il nucleo originale dell'opera compare nell'elenco del Tesoro
di Carlo V di Francia, al quale va presumibilmente attribuita la
commissione dei magnifici smalti a tutto tondo su oro (en
ronde-bosse); nel 1439 il Reliquiario compare nell'Inventario
dell'eredità di Federico IV d'Asburgo, dal 1411 unico duca
d'Austria e conte del Tirolo; nel 1450 Leonello d'Este lo
acquista dal mercante tedesco Iachomo de Goldemont; nel 1457
compare nell'Inventario dei beni del cardinale veneziano Pietro
Barbo, papa dal 1464 al 1471 col nome di Paolo II. L'attuale
aspetto del Reliquiario di Montalto risale alle modifiche volute
da Barbo, che lo inserisce in una struttura monumentale in
argento dorato di straordinaria qualità. Nel 1587 papa Sisto V
preleva il prezioso oggetto dal Tesoro Vaticano e lo dona alla
cittadina di Montalto nelle Marche, sua "patria carissima", dove
è tuttora conservato.
Il prezioso gioiello torna quindi a casa, nella Roma di Sisto
V, ma portandosi dietro l'appellativo "di Montalto". Infatti il
manufatto è oggi noto nella letteratura proprio come 'Il
Reliquiario di Montalto' e porta con sé il territorio piceno, la
sua storia e la sua fede che sono testimoniati dalle 11 sedi dei
Musei Sistini del Piceno, una rete nata proprio dalla presenza
del Reliquiario e dall'esigenza di conservarlo, tutelarlo e
valorizzarlo.
La tavola superiore - spiega l'Opificio delle Pietre Dure che
ne ha curato il restauro - che dovrebbe corrispondere
all'originale reliquiario di Carlo V, è realizzata in lamina
d'argento dorato, concepita come una scatola vuota, su cui sono
fissati gli elementi in lamina doro smaltato en ronde-bosse
tramite linguette ripiegate. Sul lato superiore della tavola
sono fissate due statuette di angelo inginocchiato, in lamina
d'argento dorato, con le mani e il viso dipinti a tempera.
Pensata in origine per essere appesa con catene nell'Oratorio
della Cappellina del re al Louvre, la tavola venne modificata
durante la proprietà Barbo: ai lati della tavola vennero
aggiunti elementi fitomorfi e l'edicola apicale che inquadra un
prezioso medaglione in oro smaltato e niellato con cammeo in
calcedonio varietà sardonice di manifattura bizantina.
La parte inferiore della tavola venne forata in modo da
poter essere vincolata alla meravigliosa base in argento dorato
e pietre preziose. L'originaria lamina posteriore della tavola
(che sappiamo dagli Inventari raffigurava una Orazione nell'orto
con la tecnica dell'incisione puntiforme) venne sostituita dalla
lastra con candelabra, culminante nello stemma Barbo in argento
niellato. Il Reliquiario è stato portato ai Musei Vaticani
(partendo dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze ove era
stata effettuata una revisione conservativa) martedì 18 giugno
scorso, al fine predisporre l'allestimento.
Sarà presentato a Roma il 25 giugno con una conferenza stampa
presso la Sala Conferenze dei Musei Vaticani.
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