(di Federica Acqua)
S'intitola 'Capo di Monte', e non
Capodimonte com'è normalmente scritto, il libro di oltre 500
pagine corredato da foto che lo studioso Giovanni Fedecostante
ha dedicato a questo rione di Ancona e pubblicato per Andrea
Livi Editore dopo sette anni di ricerche archivistiche.
Presentato oggi in un incontro pubblico al Museo Archeologico
Nazionale delle Marche, il volume si avvale di questa dicitura
non per caso. Omaggiando infatti il modo in cui il quartiere era
definito nell'antichità ne vuole svelare in realtà il carattere
e l'unicità come zona di accesso alla città dall'epoca romana
fino al 1789 quando fu ultimata via XXIX Settembre (l'allora via
Pia). Fino a quel momento, salutato da tre giorni di
festeggiamenti alla presenza del suo artefice, papa Pio VI, che
inaugurò il collegamento tra Porta Pia e l'attuale piazza
Kennedy tra corse di cavalli, regate ed archi trionfali, si
entrava ad Ancona da porta Capo di Monte cioè dalla cima della
collina (nei pressi dell'attuale piazza Antonio da Sangallo) e
da lì si doveva scendere con carri, merci e bagagli fino al
livello del mare. Proprio questo aveva determinato però il
carattere popolare e di passaggio commerciale dell'area, con la
vicina fortezza della Cittadella costruita nel 1532 da papa
Clemente VII a scopo difensivo, che pur non avendo l'importanza
strategica ed economica del rione Guasco su cui insistevano il
Duomo di San Ciriaco e i più importanti palazzi nobiliari e
luoghi di culto, vantava comunque un tessuto sociale vivace e
coeso.
A testimoniarlo assieme all'autore, la cui famiglia vi si
stabilì da Venezia nel 1759, c'erano all'incontro il direttore
del Museo Archeologico Diego Voltolini, quello dell'Archivio di
Stato di Ancona Carlo Giacomini e la storica dell'arte Annalisa
Trasatti. A partire dal fortunoso ritrovamento nel 1927 in via
Cialdini, quando si decise di sventrare il quartiere per
costruire corso Stamira, di 42 monete d'oro d'epoca tardo
medievale finite poi in un museo a Zara, quando era ancora
italiana e si presume confluite poi a Venezia senza che ancora
si sia riusciti a scoprire la loro ubicazione espositiva.
L'importanza dell'area è attestata inoltre da una stele
ellenistica (II sec. a.C) trovata dove è adesso l'Istituto
Tecnico Benincasa e dal rinvenimento in via Barilari di altre
monete d'epoca greca e romana, assieme alla presenza di una
zecca settecentesca per battere moneta (nell'attuale via XXIX
Settembre). Sede del ghetto ebraico oltre che di un postribolo,
poi delocalizzato dai papi, il quartiere ha ospitato ed ospita
le chiese di tre confessioni: la sinagoga e la chiesa cattolica
di San Giovanni Battista entrambe in via Astagno, e la chiesa
ortodossa di San Dasio in via Podesti, assieme ai palazzi
nobiliari dei Nappi, dei Malacari e dei Barilari, e all'ex
chiesa dei francescani San Francesco ad Alto, che la tradizione
vuole fondata dal santo.
A Capo di Monte sono inoltre nati il pittore Francesco Podesti,
in una cassetta nell'omonima via che la comunità vorrebbe
recuperare, il fondatore del Corriere della Sera Luigi Albertini
e l'attrice Virna Lisi. Oggi il popoloso quartiere di cui
Fedecostante ha ricostruito sette secoli di vita (dal 1200 al
1984) spulciando tra gli altri negli archivi degli Uffizi, della
Biblioteca Apostolica Vaticana e della Planettiana di Jesi,
vanta un crescente interesse turistico-culturale che il libro
vuol contribuire a diffondere.
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