(ANSA) - ANCONA, 27 NOV - Il 'paccasasso' del Conero (nome
popolare del finocchio marino, pianta erbacea perenne di antiche
origini dell'area mediterranea, citata anche da Shakespeare) si
rinnova e incontra l'Oliva Tenera Ascolana in un progetto bioveg
: "Nuove conserve vegetali biologiche da varietà autoctone di
finocchio marino coltivato in biologico, BioVeg Conserve",
finanziato nell'ambito del Psr Marche 2014-2020, e condotto da
Cia Ancona e Camera di Commercio delle Marche in collaborazione
con l'Università Politecnica delle Marche. Nell'ambito del
progetto viene sperimentata la semina di varietà autoctone di
finocchio marino, che di solito si mangia crudo in Grecia e in
salamoia nel Conero, e sono state condotte prove di
fermentazione di germogli di paccasasso e di olive della
varietà Ascolana tenera per la produzione di prototipi
industriali di conserve fermentate biologiche: il risultato,
presentato in un incontro ad Ancona, è stato definito dal
presidente di Camera Marche Gino Sabatini "una summa di
marchigianità, dalla costa all'entroterra, dagli scogli alle
colline, esito di un progetto che unisce identità e innovazione,
tradizione e tecnologia". "Nonostante le sue proprietà
nutrizionali siano note da secoli, come raccontato da numerose
testimonianze del passato, l'utilizzo del finocchio marino è
ancora estremamente limitato - ha osservato il presidente di Cia
Ancona Rossano Landi - e, ad oggi, non è stato ancora
implementato in Italia un sistema di produzione agricola in
linea con i principi dell'agricoltura biologica. L'uso in cucina
era scomparso ed stato ripreso negli ultimi anni tramite
l'attività di alcuni imprenditori"
Sono poco diffuse anche le coltivazioni di finocchio marino, che
in alcune aree, tra cui il Conero, è incluso tra le piante
spontanee protette e, quindi, non utilizzabili. Il progetto
BioVeg Conserve ha l'obiettivo di mettere a sistema pratiche
esistenti nel settore agricolo e delle tecnologie alimentari per
la produzione e trasformazione del finocchio marino. Presente
all'incontro anche l'agronomo, scrittore e ispettore del
Ministero dell'Agricoltura Antonio Pascale, premiato all'ultima
cinquina del Campiello, per "La foglia di fico - storie di
alberi, donne e uomini", il quale ha ricordato che la storia
dell'agroalimentare in Italia segna una parola che va da
Pinocchio a Masterchef. "Cos'è Pinocchio se non il grande
racconto della fame? Tutto l'orizzonte del romanzo mostra una
situazione di profonda miseria, una fame popolare, diffusa e
nera - ha detto -: bisogna aspettare di entrare nei padiglioni
della fata per trovare un po' di luce o accontentarci delle
fantasie dello stesso Pinocchio, incantato davanti agli zecchini
del campo dei miracoli. Cos'è invece Masterchef se non il grande
racconto dell'abbondanza, il cibo c'è, non è più sognato,
desiderato: basta entrare nel supermercato sotto casa per
provare l'ebrezza del paese dei balocchi". "Inizio i miei
interventi chiedendo: chi vorrebbe frasi i curare i denti da un
professionista degli Anni Trenta invece che da un dentista con a
disposizioni le più moderne tecnologie? Nessuno. Perché in
agricoltura dovrebbe essere diverso?" ha concluso. (ANSA).