Il giorno dopo, un giovane 21enne, sparando da un'auto in corsa guidata da un complice in alcuni villaggi presso Mladenovac (a sud di Belgrado), ha ucciso sei persone ferendone altre 14.
Stragi queste che hanno fortemente scosso l'intero Paese, riproponendo il dibattito sulla violenza e la vasta diffusione delle armi. I manifestanti chiedono le dimissioni dei ministri dell'interno Bratislav Gasic e del capo dei servizi segreti (Bia) Aleksandar Vulin, la sostituzione di diversi dirigenti della tv pubblica Rts, l'abolizione dei programmi di reality che promuovono la violenza e il sopruso, la chiusura di tabloid vicini alle autorità e la revoca delle frequenze a tv private sostenitrici del governo, ma che vengono ritenute responsabili di promuovere la cultura della violenza. Dopo le stragi, il presidente Vucic ha annunciato una forte stretta sul possesso di armi, con una campagna che dall'8 maggio all'8 giugno consente a chi è in possesso illegalmente di armi da fuoco di consegnarle alla polizia senza subire conseguenze penali. Finora, come ha detto ieri Vucic, sono state consegnate oltre 67 mila armi e ordigni esplosivi, e 2,2 milioni di proiettili di vario calibro.
Il presidente accusa le opposizioni di speculare e sfruttare le tragedie del mese scorso per miserevoli scopo politici. Il corteo dei manifestanti, dopo aver attraversato il lungo Viale Re Alessandro, ha raggiunto la spianata davanti al parlamento, dove alla folla hanno parlato alcuni leader dell'opposizione, artisti e esponenti della società civile. Al termine della manifestazione, che è ancora in corso, è in programma una catena umana a circondare il vicino edificio della presidenza serba.
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