(di Valentina Brini)
Ursula von der Leyen ha vinto di
nuovo. Il fuoco incrociato sulla sua nuova Commissione 2.0 si è
fermato. E dopo giorni di accuse, minacce reciproche e
trattative, l'impasse tra popolari, socialisti e liberali si è
sbloccato suggellando un fragile patto europeista che blinda i
due vicepresidenti esecutivi Raffaele Fitto e Teresa Ribera,
casus belli di uno scontro politico ben più ampio e articolato.
L'intesa politica sarà formalizzata alla plenaria del
Parlamento europeo il 27 novembre con uno scrutinio palese che,
a fronte della probabile defezione dei Greens, questa volta
conterà anche i voti di Fratelli d'Italia.
La nomina di Fitto "è una vittoria di tutti gli italiani, non
del governo o di una forza politica", ha esultato la premier
Giorgia Meloni, rivendicando "la centralità del Paese" ottenuta
con la vicepresidenza. Parole a cui ha fatto eco il vicepremier
Antonio Tajani, che ha subito rivolto i suoi auguri di buon
lavoro al collega di governo, nella convinzione che "saprà
valorizzare al meglio in contributo dell'Italia nella governance
europea".
Superate anche le ultime schermaglie (che per tutta la serata
hanno tenuto l'intesa sotto scacco), sulla clausola voluta dal
Ppe per costringere la spagnola alle dimissioni in caso di
accuse formali della giustizia iberica sulla gestione delle
alluvioni in patria, alla fine le anime della maggioranza Ursula
hanno concesso il loro favore. Pur con un distinguo non
vincolante contenuto in un addendum: socialisti e liberali "non
approvano la scelta" della tedesca "di assegnare a Fitto la
carica di vicepresidente" e chiedono che sia "indipendente dal
suo governo nazionale". Contrari invece in ogni caso
all'alleanza i verdi, che a luglio erano stati decisivi per
consegnare l'Europa di nuovo nelle mani della tedesca. "Ora la
maggioranza è instabile", hanno avvertito. La fumata bianca tra
i coordinatori di tutti i gruppi dell'Eurocamera è arrivata alle
22:50, a suggellare un sofferto patto di coalizione targato Ppe,
S&D e Renew frutto dell'ennesimo round di negoziati serrati. Un
accordo in nove punti per non lasciare l'Europa fare harakiri
davanti agli equilibri geopolitici destinati a cambiare con il
ritorno di Donald Trump.
A inizio giornata a Bruxelles gli occhi erano tutti rivolti
al parlamento di Madrid, teatro dell'audizione della verità per
Ribera. Accusata dal Partido popular di essere "una ministra in
fuga", la vicepremier si è difesa strenuamente, assicurando di
aver lavorato "dal primo minuto per risolvere i bisogni e le
urgenze" e rispendendo le accuse di malagestione al mittente.
Poi un messaggio sul futuro: "La risposta al cambiamento
climatico non è fanatismo". Argomentazioni che hanno irritato
ancora di più gli oppositori di centrodestra, portando l'intera
famiglia del Ppe all'ultimo avvertimento: se Ribera finirà sotto
indagine, dovrà lasciare la sua poltrona a Palazzo Berlyamont.
La formulazione della clausola ha suscitato fino all'ultimo
dubbi di carattere legale che in serata si sono risolti con la
sua introduzione nella lettera di accompagnamento alla nomina.
Speculari fino all'ultimo le riserve su Fitto tra i
socialisti di Iratxe Garcia Perez, alimentate dalla contrarietà
delle delegazioni francese, tedesca e olandese. Un distinguo
criticato dagli esponenti di punta di FdI al Pe, Nicola
Procaccini e Carlo Fidanza, che celebrando "l'evento storico" e
preannunciando un sì dei meloniani in Plenaria, hanno ribadito
che "non esiste alcuna maggioranza Ursula", chiedendo al Pd di
distanziarsi dalla posizione dei socialisti. E von der Leyen
potrebbe godere anche del sostegno di qualche altra delegazione
dei conservatori di Ecr, alle quali sarà lasciata libertà di
voto. Il testo di coalizione concordato da Ppe, S&D e Renew non
traccia linee rosse, ma si limita a riaffermare la
collaborazione tra tutte le famiglie politiche "pro-Ue,
pro-stato di diritto e pro-Ucraina". Un adagio diventato mantra
per la leader tedesca sin dalla campagna elettorale. Nessun
cambio di dossier, né tantomeno di grado per Fitto e Ribera:
l'unico commissario depotenziato sarà il fedelissimo di Viktor
Orban, Oliver Varhelyi, che dal suo portafoglio alla Salute e al
Benessere animale vedrà scomparire i distintivi su diritti
riproduttivi, salute mentale, gestione delle pandemie e
resistenza antimicrobica. Allargata sui diritti sociali e lavoro
di qualità, invece, la delega della socialista Roxana Minzatu.
Ultima tappa, il 27 novembre. Poi la Commissione potrà partire
ma le tensioni interne alla maggioranza sono destinate a durare
a lungo.
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