"Un muro di silenzio e di oblio - un
misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave
superficialità - si formò intorno alle terribili sofferenze di
migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei
campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le
loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le
terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia
dell'imprigionamento se non dell'eliminazione fisica". Lo ha
detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante
la celebrazione del "Giorno del Ricordo", al Quirinale.
"Le foibe e l'esodo hanno rappresentato un trauma doloroso
per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare la
gravosa eredità di un Paese uscito sconfitto dalla guerra.
Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere
dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e
duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di
minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e
un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e
di una nazione", ha aggiunto.
"La costruzione dell'Unione Europea, pur con i suoi ritardi e
le sue carenze, ha rappresentato - come ha fatto ben presente il
professor Rossi - il ripudio della barbarie provocata da tutti i
totalitarismi del Novecento e la concreta e valida direzione di
marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza. In questo
quadro, nelle splendide terre di cui parliamo, oggi, grazie alla
comune appartenenza all'Unione Europea, non esistono più
barriere o frontiere, ma strade e ponti", ha osservato
Mattarella, in occasione delle celebrazioni del giorno del
ricordo. "La diversità non genera più risentimento o sospetto,
ma produce amicizia e progresso. Con Slovenia e Croazia
coltiviamo e condividiamo, in Europa e nel mondo, i valori della
democrazia, della libertà, dei diritti. E lavoriamo insieme per
la pace, lo sviluppo, la prosperità dei nostri popoli, amici e
fratelli. I giovani lo sanno e lo vivono. Le giovani generazioni
lo stanno già facendo da molto tempo, sviluppando un comune
senso di appartenenza a una regione che trova nell'ampio spettro
di presenze, etnie, lingue, storie, culture, tradizioni, la sua
preziosa e feconda peculiarità. Gorizia, la città simbolo della
divisione, è oggi associata - grazie a una generosa intuizione
della Slovenia - a Nova Gorica: due città, due Stati, una sola
capitale della cultura europea 2025", ha aggiunto.
"Occorre adesso lavorare alacremente, a livello europeo, come
Tajani ha ricordato, perché anche gli altri Paesi dei Balcani
Occidentali candidati all'ingresso nell'Unione possano compiere
le procedure di adesione senza indugi o ritardi. Si tratta anche
di una risposta concreta ai pericoli del possibile riaccendersi,
nella regione, di sopiti conflitti di natura etnica o religiosa,
che rischierebbero di riportare la storia, a tempi che non
vogliamo rivivere mai più. Le divisioni, i conflitti, le ferite
del passato - la cui memoria ci ferisce tutt'ora con forza e
sofferenza - ci ammoniscono".
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