"Desta grande preoccupazione sapere che, durante i giochi Olimpici a Parigi, in gare di pugilato femminile siano state ammesse due persone transgender, uomini che si identificano come donne, e che, in competizioni recenti, erano state invece escluse. Sorprende che non vi siano, a livello internazionale, criteri certi, rigorosi e uniformi, e che proprio alle Olimpiadi, evento simbolo della lealtà sportiva, possa esserci il sospetto, e assai più del sospetto, di una competizione impari e persino potenzialmente rischiosa per una dei contendenti".
A dirlo è Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità.
"Le competizioni sportive vedono da sempre separati gli atleti dalle atlete, in base ad un elementare criterio di equità nella competizione, oltre che di pari opportunità. Un criterio universalmente riconosciuto, che ha portato a individuare, all'interno di ogni sport, specifiche categorie proprio per consentire un confronto fra pari", prosegue Roccella.
"La presenza di persone transgender nelle gare sportive - spiega - implica quindi la necessità di individuare e garantire requisiti di ammissione rigorosi, certi e univoci, per una gara che sia onesta e bilanciata. A maggior ragione quando si tratti di sport che implicano un corpo a corpo fra atleti, un confronto fisico diretto che potrebbe mettere in pericolo e danneggiare la persona con la struttura fisica meno potente. Da quanto diffuso dalla stampa, sembra che siano stati usati diversi criteri di ammissione, da parte di società sportive nell'ambito del pugilato, rispetto a quelli utilizzati per i giochi olimpici", conclude.
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