Forse lo ha tradito la pedana bagnata, fatto sta che una delle più cocenti delusioni di questa Olimpiade per l'Italia arriva dall'atletica e ha il volto di Leonardo Fabbri. Il fiorentino avrebbe dovuto lottare, getto dopo getto, con l'americano Ryan Crouser per la medaglia d'oro nel peso, invece è quasi subito fuori dalla lotta per il podio a causa dei nulli. Peccato solo per quel gran primo lancio atterrato oltre i ventidue metri e mezzo, se non oltre, ritenuto nullo perché Leo tocca di qualche millimetro il fermapiede con il tallone, quasi un replay della seconda prova nel turno eliminatorio. Roba da mordersi le mani, e non può certo consolarlo quel 21,70 del quarto tentativo con cui alla fine ottiene il quinto posto. La sua era una faccia da medaglia, invece con Crouser (oro), salgono quei gradini l'altro statunitense Joe Kovacs (per lui, ormai eterno secondo di questa specialità, è il terzo argento ai Giochi) e il giamaicano Rajindra Campbell, a dimostrazione che l'isola caraibica non è solo terra di sprinter. Male, anzi peggio, l'altro azzurro Zane Weir, undicesimo con 20,24 al secondo tentativo e due nulli. Ovvio però che la delusione più forte rimanga quella di Fabbri, passato dal ruolo di punta di diamante a quello di comprimario proprio nel giorno più atteso.
Allo Stade de France si è infatti visto il peggior Fabbri dell'anno, alle prese anche con un rivale in più, quella pedana così bagnata al punto che al quinto lancio il fiorentino ha rischiato seriamente di cadere. A condizionarlo è stato forse proprio quel primo tentativo, che se fosse stato ritenuto buono qui gli avrebbe fruttato l'argento e, a chissà, gli avrebbe dato magari ancora più spinta per sfidare Crouser, che Fabbri stesso una volta definì "il Michael Jordan del getto del peso". "Peccato per quel primo lancio, penso di avere fatto 22,80 ma non è stato ritenuto valido - dice Fabbri -. Poi sono stato anche bravo a fare 21,70 ma non è bastato. Al quinto lancio ho rischiato seriamente di farmi male per via della pedana sporca. Certo il primo ad aspettarmi se non l'oro almeno l'argento ero io, ma alla fine mi hanno applaudito. Non posso essere contento, ma questa è l'Olimpiade, una gara particolare dal livello molto alto. "Ho dato tutto, state tranquilli che non mi metto a piangere in camera".
Nella 4x400 mista è sesta la staffetta dell'Italia in 3'11"84 con Luca Sito, Giancarla Trevisan, Edoardo Scotti e Alice Mangione. Vince l'Olanda di una straordinaria Femke Bol, in rimonta sugli Stati Uniti, 3'07"43 contro 3'07"74 a soli due centesimi dal record mondiale. Ottava nel triplo Dariya Derkach con 14,14 per replicare lo stesso piazzamento dell'anno scorso ai Mondiali. La finale più attesa è quella dei 100 metri donne, sulla pista bagnata dalla pioggia. Parte con qualche minuto di ritardo, proprio per attendere non scenda nulla dal cielo, poi via e vince in modo imperioso la rappresentante di Saint Lucia, isola che si trova nelle Piccole Antille, Julien Alfred che semina le rivali, tanto è vero che l'attesissima Sha'carri Richardson finisce con 10"82 contro il 10"72 delle vincitrice. Palpabile la delusione dell'americana glamour che si ispira a Wilma Rudolph e Florence Griffith, mentre l'impresa della nuova regina da Saint Lucia ricorda da vicino quella, 21 anni fa proprio allo Stade de France, dello sprinter di St. Kitt's and Nevis Kim Collins, che qui vinse l'oro dei 100 uomini. Piccolissimi stati che corrono forte e con cui bisogna sempre fare i conti, ma questa è l'atletica, lo sport più universale. E domani appuntamento con Marcell Jacobs: con l'auspicio che non si ripeta l'incidente di oggi, con un'ape che pungendolo lo ha un po' scosso prima della batteria.
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