Un chilo di differenza. E' quello che dà all'Italia la medaglia n. 31 dell'Italia in questa Olimpiade. L'ha conquistata, ripetendo il risultato di Tokyo 2020, il siciliano Antonino Pizzolato nel sollevamento pesi, di bronzo in una categoria diversa da quella in cui gareggiò in Giappone: allora erano gli 81 kg, questa volta 89.
Ma ciò che conta è che 'Nino' sia salito ancora una volta sul podio, confermando le previsioni della vigilia che lo davano tra i favoriti, nonostante i problemi fisici che ne avevano ostacolato la preparazione per Parigi. Ce l'ha fatta, si diceva, per un soffio, perché tra strappo (172) e slancio (212) ha totalizzato 384 chili, che non saranno i 404 con cui il bulgaro Nasar ha stabilito il nuovo primato mondiale e si è preso l'oro, ma gli sono bastati per beffare il moldavo Marin Robu che ne aveva totalizzati 383 e si è piazzato quarto.
E il bello che in un'Olimpiade dai tanti lamenti italiani a proposito di presunti torti arbitrali e moviole, è stata propria quest'ultima a dare una grossa mano all'azzurro. E' successo che alla terza prova dello slancio l'azzurro, che visti gli sviluppi della gara doveva tentare il tutto per tutto sollevando 212 chili, si è preso le tre luci rosse dalla giuria, vedendo vanificati i propri sforzi, dopo aver fallito il primo tentativo (non è riuscito a completare la girata) ed essersi visto annullare il secondo.
Ma non poteva finire così, e infatti lo staff azzurro, certo di avere ragione, ha giocato la carta del challenge e, dopo l'esame al rallentatore dei filmati, si è visto dare ragione. Questa volta il 'Var' del sollevamento pesi ha dato ragione all'Italia, perché la giuria tecnica ha ribaltato il risultato e valutato come buona l'alzata del siciliano, salito così al terzo posto. Ma prima di festeggiare ha dovuto attendere che gli altri atleti ancora in gara terminassero le loro prove, e per sua fortuna sia l'iraniano Javadi, sia il coreano Yu Dongju, sia l'armeno Karapetyan hanno fallito i loro tentativi. Così ecco questa medaglia che è anche un premio alla sofferenza di un grande atleta, ex testa calda (nel 2018 venne squalificato per dieci mesi dalla federazione per degli episodi di bullismo nei confronti di alcuni compagni minorenni) diventato modello per gli altri ("ora quei ragazzi per me sono come dei fratelli") e oggi capace di andare avanti nonostante il dolore. "Ne sentivo tantissimo alla schiena - ha rivelato -, ho visto in faccia il mio allenatore e abbiamo sofferto insieme: non potevo rinunciare". "E' stata una gara dura - ha aggiunto -. Sono molto soddisfatto, anche se rimango ancora con l'amaro in bocca perché si poteva fare meglio. Per questo già da domani cominceremo a lavorare per prepararci al meglio per Los Angeles, per raggiungere il nostro obiettivo". Ovvero quell'oro che, avendo quasi 28 anni, non smetterà di inseguire: "ci ho messo anima e cuore, ho dato il massimo in ogni prova, soprattutto l'ultima. Ringrazio la mia famiglia e tutte le persone che mi sono state vicine in questi anni di allenamento e di difficoltà legate all'infortunio". E meno male che c'è la moviola: "la revisione per la terza alzata? Il regolamento parla chiaro, non ho piegato il gomito ma la spalla, quindi grazie a loro per il cambio del giudizio, ma noi credevamo nella validità dell'alzata". Questa volta, quindi, niente lamentele.
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